Nato a Palazzolo Vercellese il 7 aprile del 1926, Franco Ferrarotti ha avuto un’infanzia difficile a causa della salute cagionevole, ma fu un grande appassionato di libri ed ebbe modo così di dedicarsi alla lettura, non ha mai smesso di coltivare la sua passione fino a diventare professore di Sociologia ed è stato il primo ad introdurla in Italia.
Ha lavorato con Adriano Olivetti (dal 1948 al 1960), elaborando per suo conto il progetto politico e sociale di Comunità e, negli anni, ne ha ricortato la visione e gli ideali. Fu deputato indipendente nel Parlamento durante la terza legislatura (1959-63), in rappresentanza del Movimento di Comunità fondato da Olivetti, di cui prese il posto dopo le sue dimissioni dalla Camera. Su questa importante collaborazione ha pubblicato Un imprenditore di idee. Una testimonianza su Adriano Olivetti(Edizioni di Comunità, 2001) mentre dall’esperienza parlamentare nacque Nelle fumose stanze. La stagione politica di un ‘cane sciolto’(Guerini Studio, 2006).
Intrapresa la carriera accademica ha vissuto le rivolte studentesche del ‘68.
Ha frequentato numerosi intellettuali, di cui ci ha lasciato ricordi appassionati, è stato fine osservatore delle evoluzioni culturali e sociali, sopratutto italiane. Per tutti coloro che hanno letto i suoi libri, hanno seguito le sue lezioni o visto le sue interviste è considerato il padre della Sociologia italiana.
Ferrarotti ha insegnato in numerose università straniere, specialmente nordamericane (Chicago, Boston, New York, Toronto, Mosca, Varsavia, Colonia, Tokyo e Gerusalemme) e fino al 2002 è stato professore di sociologia all’università La Sapienza di Roma.
Fondò, con altri colleghi, il Consiglio dei Comuni d’Europa a Ginevra nel 1949; fu direttore dei progetti di ricerca sociologica presso l’Oece (ora OCSE) a Parigi nel 1958-59.
Nominato direttore di studi alla Maison des Sciences de l’Homme di Parigi nel 1978, è stato insignito del Premio per la carriera dall’Accademia nazionale dei Lincei nel 2001 e del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica dall’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2005.
Era Membro della New York Academy of Sciences e presidente onorario dell’Associazione Nazionale Sociologi. Generazioni di studenti ricordano le appassionanti lezioni di Ferrarotti all’università romana. Provocatori i suoi interventi sui diversi temi politici e sociali del paese dagli anni ‘60 fin quasi ad oggi.
L’attività di ricerca e di studio di Ferrarotti è contenuta in una mole enorme di scritti che ha continuato a pubblicare fin oltre i 90 anni.
Fra le sue opere, Sindacati e potere (1954); La protesta operaia (1955); La sociologia come partecipazione (1961); Max Weber e il destino della ragione (1965); Trattato di sociologia (1968); Roma da capitale a periferia (1970); La sociologia del potere (1972); Vite di baraccati (1974); Studenti, scuola, sistema (1976); Giovani e droga (1977); Storia e storie di vita (1981); Il Ricordo e la temporalità (1987); Fondatore, con Nicola Abbagnano, dei Quaderni di sociologia, ha diretto anche la rivista La critica sociologica.
Tra il 2019 e il 2020 l’editore Marietti ha pubblicato l’Opera omnia di Ferrarotti composta da sei volumi per un totale di cinquemila pagine.
Il suo sguardo sulla gente e sulla società non si è mai spento, come testimoniano le sue riflessioni sulla nostra società dove “non tutto è numericamente misurabile. Ed è difficile, probabilmente impossibile, calcolare il dolore, l’amicizia, il silenzio, l’inquietante solitudine di certe sere, la dignità. Siamo sempre più connessi, ma anche sempre più isolati, disorientati, impotenti, incapaci di distinguere tra reale e virtuale, privati dei corpi, delle smorfie, delle occhiate in una socialità fredda, simulata, finta“.
Purtroppo se ne va con un po’ di amarezza, almeno questo emerge dal suo pensiero sulla sociologia che risulta “vittima del suo successo. Si è proposta come facile rimedio per studiosi sfortunati in altri campi. Nei casi migliori è divenuta giornalismo investigativo. In ogni caso, tende a perdere la visione d’insieme del sociale e la capacità di interconnettere in modo creativo i suoi vari aspetti”.
Ferrarotti spiega che “i sociologi odierni, probabilmente sotto la pressione del mercato, hanno perso l’ancoraggio con le basi filosofiche da cui è nata la loro disciplina, non hanno tempo per riflettere sui loro testi classici, non sembrano avere interesse per costruire una tradizione sociologica in senso proprio. Per queste ragioni è plausibile che sfugga un aspetto essenziale: nella natura ibrida della sociologia non risiede il limite, ma il primato di questa disciplina, la cui ottica è in grado di ‘afferrare’ il reciproco condizionamento dei vari aspetti del sociale“.
Il 22 novembre uscirà il suo testamento spirituale: “Lettera ad un giovane sociologo”.
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