Addio a Domenico De Masi

Prof. Domenico De Masi

Lo scorso sabato (il 9/9/2023) ci ha lasciati il professore Domenico De Masi. Era Professore Emerito di Sociologia del lavoro all’Universita La Sapienza di Roma, io l’ho conosciuto proprio lì, ormai tanti anni fa, durante le sue lezioni. Ormai è passato tanto tempo, e quel tempo duro un semestre dopo il quale diedi l’esame. L’avevo scelto come materia complementare, Sociologia del lavoro, perché pensavo mi avrebbe dato informazioni in più per il mio futuro lavorativo, fu una scelta felice di cui conservo un ricordo ancora vivo. Ho visto un uomo appassionato del proprio lavoro, che cercava attraverso i suoi studi una strada che portasse ad un paese migliore. Ad iniziare dai suoi studenti ai quali consigliava di cercare sempre l’imprevisto, la deviazione dalla strada dritta, l’inaspettato, perché porta all’intuizione ed a nuove forme di pensiero.

Era sostenitore del tempo libero, i lavoratori non dovevano rinunciarvi, a noi studenti diceva sempre: “andare ad una mostra o cambiare strada per andare a lavoro può generare un’idea nuova, che stavamo aspettando e che bloccati in ufficio, nella routine non riuscivamo a vedere”. Per lui era fondamentale il benessere dei lavoratori, perché un lavoratore felice è più produttivo.

L’ho incontrato recentemente il professor De Masi, inaspettatamente, era febbraio ed ero andata alla presentazione del libro di un altro professore de La Sapienza, Piero Bevilacqua, nonché autore di numerosi libri. Ho subito rivissuto i momenti dell’Università e per un attimo mi è sembrato di essere ancora lì, al tempo in cui tutto era ancora possibile. Ho sentito nuovamente quella passione che lo accompagnava quando introduceva il libro di Bevilacqua.

Memore di quell’ultimo incontro, ho chiesto al prof. Piero Bevilacqua, che lo ha conosciuto meglio di me, sia come collega che come amico, di poter pubblicare il suo personale ricordo del prof. De Masi e lui gentilmente ha acconsentito.

“Abbiamo perduto un grande studioso, un sociologo di statura internazionale, esperto del mondo del lavoro e capace di prospettive coraggiose e visionarie. Era un sociologo, aggiungo, con una vasta cultura storica che utilizzava ampiamente e fruttuosamente nel suo mestiere di sociologo.

Il suo corposo libro sul lavoro nel ‘900, pubblicato da Einaudi ne costituisce una testimonianza davvero esemplare.
Ma Domenico, Mimmo per gli amici, era un grande intellettuale, di letture ampie e di frequentazioni assai vaste. Aveva conosciuto non solo Lula, di cui era amico, ma perfino il grande scrittore argentino J.Luis Borges, era amico di Pasolini, Moravia, della Wertmuller, ecc.
Era un uomo politicamente impegnato, continuamente a lavoro per diffondere cultura, formazione, sapere, con la volontà di aiutare la parte debole della società. Ma poi era una persona, posso dirlo senza enfasi, di elevate qualità umane. Gentile, modesto, ironico e sorridente, con quella bonomia meridionale che dovrebbe costituire un dato antropologico dell’umanità futura, mi informava dei sui trascorsi senza nessuna boria, quasi a volerli sminuire.

Purtroppo l’ho conosciuto personalmente tardi. Solo due, tre anni fa, pur avendolo avuto collega per tanti anni alla Sapienza, ma in Facoltà separate. E come accade come quando c’è una comunanza profonda di sentimenti, siamo quasi diventati fratelli subito.

Avevamo preso la bella abitudine di incontrarci ogni tanto, di mattina, in un appartato baretto dietro Palazzo Braschi, di fronte a Piazza Navona. E lì parlavamo di tutto senza rifiatare un istante, soprattutto di politica. Era un vero godimento intellettuale conversare con lui e anche quando non concordavamo su alcune questioni, tutto avveniva con una ironica cordialità, il dissenso non faceva cambiare in nulla il corso e il tono della discussione.

Un paio di settimane fa, per telefono, mi aveva detto del tumore al pancreas: la peggiore notizia che una persona può udire dalla bocca di un amico, un annuncio di morte. C’era una speranza, perché il cancro si trovava alla coda, che in tanti casi è operabile e garantisce la guarigione. L’ho richiamato venerdi per avere novità e mi ha risposto con voce sofferente, dicendo che era al Gemelli, sottoposto a continue e dolorose analisi. Ma ha aggiunto: Io comunque, resisto, ce la metto tutta.

E invece il nostro Mimmo ha perso la sua ultima battaglia, quella che prima o poi perdiamo tutti. Davvero ci mancherà un compagno prezioso, un grande compagno di lotta. Di queste rare figure abbiamo un gran bisogno, perché chi non capisce che il mondo è una arena di conflitti, dove chi ha potere cerca di schiacciare i più deboli, non ha compreso nulla della realtà o sonnecchia con
indifferenza nel retrobottega della storia.”

Per conoscere meglio il lavoro e le opere del prof. De Masi potete visitare il suo sito.

Ph: Spam Roma

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Autore: culturaalvento

Impiegata commerciale e marketing; pubblicista e blogger

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