Brecht Dance è uno spettacolo realizzato da Daniela Vitale ed Elena Gigliotti, che prende spunto dalle poesie di Brecht per dare corpo, movimento, suono e voce ai contenuti che veicola.
Una sorta di esercizio teatrale che porta l’attore ad affrontare un percorso di straniamento in cui consapevole di essere visto realmente, una volta staccatosi dal personaggio, dal palco stimola lo spettatore a riflettere sui temi trattati e non ad immedesimarsi in essi!
Questo del 2, 3 e 4 febbraio 2023, è stato un secondo assaggio, il primo è stato presentato a maggio 2021 ancora in tempo di covid all’interno di Atlantide e proseguirà arricchendosi di sempre nuovi contenuti e spunti di riflessione.
Ma come nasce la volontà di realizzare questo progetto? Tutto inizia in periodo di covid quando una comunità di artisti si incontra su piattaforme web, che diventano città virtuali (Atlantide ndr) all’interno delle quali si interrogano sul senso del proprio lavoro.
Da qui parte la decisione di dare vita sul sito produzionidalbasso, alla campagna ideata dagli attori Elena Gigliotti, Dario Aita e Daniela Vitale, finalizzata alla realizzazione dello spettacolo “Brecht Dance” che nasce come una pillola di senso, un’azione artistica in un tempo e uno spazio vivo, del quotidiano; una docu-performance, una terapia urbana collettiva.
Lo spettacolo è sicuramente di successo perché tocca temi attuali, attraverso interviste e testimonianze, va a sollecitare le coscienze che troppo spesso sono sopite da una quotidianità soporifera ed accomodante.
Ciò che avviene durante lo spettacolo è un atto di amore e rispetto verso coloro che hanno affidato le loro testimonianze intrise di sogni, riflessioni e pensieri, si dona visibilità agli umili, troppo spesso negata da una società che non ama condividere e non si incontra, insomma che non è più comunità.
Complimenti a Daniela Vitale che porta in scena con coraggio una parte importante ed intima della propria esperienza, calca da sola l’intera scena con grazia ed un’energia prorompente usando ogni fibra del suo corpo.
Foto: locandina dello spettacolo e Mauro D’Agati
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Parte oggi la XIX edizione del Progetto Gutenberg, La fiera del Libro, della multimedialità e della musica dal titolo “Alfabeti del mondo nuovo” tema su cui fin dalla nascita, nel lontano 2003, il Gutenberg indaga con entusiasmo – afferma il Direttore artistico Armando Vitale – con giovani, ragazzi e bambini, con studenti e cittadini curiosi.
“Il nostro orizzonte – continua Vitale – è sempre stato il mondo, i contrasti della turbolenta contemporaneità che ci è stata consegnata con tante promesse e che sembra deluderci, per la triste persistenza di crisi, disuguaglianze, violenze su Madre Natura, guerre, conflitti fra territori, generazioni, sessi. Ma il mondo nuovo parla anche la lingua delle possibilità inedite in una fase storica ricca di culture, scienza e tecnologie. C’è bisogno di sguardo acuto per fissare i punti critici della nostra incompiuta civiltà e immaginare un mondo nuovo rigenerato. La pace e la tutela attiva del pianeta terra sono oggi l’imperativo categorico per tutti.”
La fiera che ha inizio oggi, si concluderà il 28 Maggio, non senza lasciare il segno nelle menti dei curiosi che intenderanno parteciparvi. Come sempre l’organizzazione prevede un ricco calendario, con la partecipazione di numerosi autori calabresi ed internazionali, con numerosi titoli dedicati anche al giovane pubblico. Perché per creare un adulto dalla mente geniale ed acuta bisogna iniziare a prendersene cura si dalla più giovane età.
Maggiori informazioni sul programma possono essere rintracciare qui o sul sito del Progetto Gutenberg
Naturalmente non perdete gli aggiornamenti della pagina Instagram @gutenberg_calabria
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Un grande evento attende la città di Catanzaro, per la prima volta ospiterà le opere di Marc Chagall in una mostra dedicata al rapporto dell’artista con la religione ebraica ed alla sua interpretazione del Messaggio Biblico in chiave pittorica.
Le sale del Complesso Monumentale del San Giovanni ospiteranno 170 opere grafiche dell’artista russo, inoltre la mostra Chagall. La Bibbia, che partirà il 23 Maggio prossimo, è corredata da un ampio apparato didattico sui temi chagalliani e biblici, sull’ebraismo in Calabria e sulle influenze dell’arte ebraica sulla cultura contemporanea.
Il percorso della mostra è stato studiato per mettere in luce il profondo e personale rapporto che Chagall aveva con la religione e soprattutto con le scritture del Libro sacro; con la serie della Bibbia (in bianco e nero e a colori) e La storia dell’Esodo emerge come la Bibbia per l’artista sia soprattutto una storia di uomini.
Le creature che animano i racconti e le storie della Bibbia, per Marc Chagall sono i veri protagonisti, non la Creazione, infatti tra le figure da lui rappresentate troviamo patriarchi e profeti, re e regine, spose e pastori (Noè, Abramo, Giacobbe, Isacco, Rebecca, Rachele, Giuseppe, Mosè, Aronne).
Domenico Piraina, curatore della mostra, a chiusura del percorso espositivo ha inserito una ricca collezione di opere di due artisti contemporanei: Max Marra che con la serie Il ghetto ripercorre la drammatica storia del popolo ebreo e Antonio Pujia che, con l’installazione “ceramiche parlanti” Pirgos, composta da 7 vasi in ceramica decorata e creata dall’artista appositamente per la Giudecca di Bova, ha reso omaggio all’antica comunità ebraica presente nell’area grecanica calabrese, riproducendo gli antichi e sacri simboli ebraici della Menorah, della Stella di David o dello Shofar .
Sarà, inoltre, possibile visionare una ristampa del 2006 del Commentarius in Pentateuchum di Rashi (Rabbi Salomon ben Isaac), unico, raro ed antico tomo edito a Reggio Calabria il 18 febbraio 1475 con caratteri ebraici mobili, senza vocali, il cui originale è conservato presso la Biblioteca Palatina di Parma.
Il visitatore avrà anche la possibilità di ascoltare le sonorità della musica colta popolare dalla voce di Francesca Prestìa che con tre brani rende attuali le tradizioni del panorama musicale calabrese e promuove le conoscenze di antiche lingue (grecanico, l’ arbëreshe e l’occitano-guardiolo) ancora oggi regolarmente parlate in alcuni contesti calabresi.
L’obiettivo della mostra è quello di far riscoprire ed apprezzare il patrimonio culturale, materiale e immateriale, che definisce l’identità stessa della Calabria e che purtroppo è poco noto e diffuso, nonostante gli sforzi di ricercatori, archivisti e archeologi. Una storia antichissima che ritroviamo anche nella conformazione urbanistica di molte città calabresi, una eredità storica consolidata che oggi è nuovamente il fulcro nei processi di ridefinizione identitaria sperimentati in diversi centri della Calabria, in cui la memoria ebraica è sempre più un valore che si integra con la crescita culturale e lo sviluppo delle risorse endogene dei territori.
L’esposizione, che si concluderà il 29 Agosto 2021, è prodotta ed organizzata dal Comune di Catanzaro e dall’Assessorato alla Cultura della Città di Catanzaro con Arthemisia, la realizzazione si deve al contributo della Regione Calabria, con il Patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro e con il fondamentale contributo della Fondazione Cultura e Arte, ente strumentale della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, grazie a cui tutte le scuole della Provincia di Catanzaro potranno usufruire dell’ingresso gratuito alla mostra.
Come anticipato nel precedente articolo, anche quest’anno RGB Light Experience, vincitore dell’Avviso Pubblico Contemporaneamente Roma 2020-2021-2022 , torna a Roma con la sua quinta edizione.
Le sue luci torneranno a fare compagnia ai romani che vorranno recarsi nei siti che ospiteranno la kermesse.
Nel precedente comunicato stampa erano state indicate le Torri Ligini all’Eur, come sito che avrebbe ospitato la data finale del progetto, purtroppo però a causa di intoppi, non chiariti nel nuovo comunicato stampa, la nuova sede che ospiterà la data di chiusura del 22 Dicembre p.v. è stata sostituita con la Rampa Prenestina di Via Teano, altezza civico 223.
Il complesso è stato costruito come magazzino per il Teatro dell’Opera. Cambiò in parte destinazione alla fine degli anni ‘60 e venne adattato a scuola. Negli anni ’70, nei piani superiori, ha ospitato la funzione residenziale accogliendo famiglie di sfrattati. Al momento la parte circolare è abbandonata, per questo è stata selezionata e potrebbe essere perfetta per un Museo della Luce.
Ricordiamo che per questa edizione sono state selezionate 18 opere di luce site specific e che, diversamente dagli anni passati in cui le opere erano fisse, quest’anno saranno movimentate, grazie a camion attrezzati, all’interno dei 4 siti selezionati per ospitare le installazioni di RGB. Le opere saranno fruibili dalle 18:30 fino all’orario di blocco imposto dalla normativa vigente, saranno visibili sia dai pedoni che da chi passa in auto o con i mezzi pubblici, sia dalle finestre degli appartamenti che in diretta streaming sui canali social di RGB.
Definito, inoltre, il calendario di La necessità di modificare l’esistente, un ciclo di incontri con manager, docenti e artisti, che prevede anche laboratori per i più piccoli e workshop intensivi rivolti a chi vuole approfondire la conoscenza della light art e dell’arte digitale.
Il 20 Dicembre parte il primo appuntamento, Naturare, che coinvolgerà tutti gli artisti in programma per RGB Light Experience 2020. Giorno 21 Dicembre, ci saranno due appuntamenti per Luce trasversale, alle ore 10:30 con i docenti Isa Helena Tiburcio dell’Accademia di Belle Arti di Brera, Gisella Gellini del Politecnico di Milano, il manager Mauro Annunziato di ENEA e gli artisti Diego Repetto e Flavia Tritto; la sera alle 20 ci sarà il secondo appuntamento, Whisper Talk, un insieme di conversazioni via radio a cura di Carlo Infante/Urban Experience.
La giornata del 22 Dicembre sarà dedicata a Riflessioni per un nuovo paesaggio urbano notturno, con gli interventi del docente de La Sapienza Stefano Catucci, degli artisti Daniele Spanò e Federico Petrei di DELTAPROCESS e di Elettra Bordonaro, fondatrice di Light Follows Behaviour.
Le giornate del 28, 29 e 30 Dicembre saranno dedicate a Luce e interattività: progettazione e physical computing, un ciclo formativo curato da Fab Lab Ostiense.
Per i più piccoli ci sarà il laboratorio didattico Scratch. Videoarte per bambini, organizzato da Fab Lab nei giorni del 28 e 29 Dicembre.
In periodi come quello che stiamo vivendo adesso, dove si evitato gli assembramenti ed i luoghi chiusi, gli amanti dell’arte possono approfittare della nuova edizione di RGB Light Experience per godere della bellezza delle opere anche solo durante una passeggiata. Dal 19 al 22 Dicembre 2020 la capitale sarà illuminata da 18 opere di luce site specific, che coloreranno e ridisegneranno alcuni quartieri di Roma, dando l’impressione di essere in un museo a cielo aperto.
RGB Light Experience è un festival di light art, urban light e video-mapping, che punta a creare un nuovo rapporto fra uomo e città aprendo nuovi scenari che ridisegnano la città. Deve i suoi natali all’associazione LuciOmbre srl che dal 2009 si occupa di produrre, organizzare e realizzare eventi, sia culturali che privati, e di progettare e sviluppare allestimenti museali ed espositivi, con particolare attenzione alla scenotecnica ed all’illuminazione artistica. Dal 2015 sotto la direzione di Diego Labonia portano a Roma le opere di luce di diversi artisti visivi e light designer nazionali ed internazionali.
Quest’anno, dunque, si svolgerà la quinta edizione che diversamente dalle precedenti presenterà modalità di fruizione rinnovate ed adeguate nel rispetto delle vigenti normative anti Covid-19. Diversamente dagli anni passati in cui le opere erano fisse, quest’anno saranno spostate, grazie a camion attrezzati, all’interno dei 4 siti selezionati per ospitare le installazioni di luce. Le opere saranno fruibili dalle 18:30 fino all’orario di blocco imposto dalla normativa vigente, saranno visibili sia dai pedoni che da chi passa in auto o con i mezzi pubblici, sia dalle finestre degli appartamenti che in diretta streaming sui canali social di RGB.
La locandina realizzata per l’evento dall’artista Mariano Peccinetti, mostra l’uomo che volge lo sguardo in modo contemplativo alla natura, così come vuole il tema di questo anno Naturare, che ha l’aspirazione di capovolgere il concetto secondo cui l’uomo è al centro della natura ed iniziare a pensare il genere umano come una piccola parte di diversi sistemi vivi ed interconnessi, i cui equilibri sono oggi gravemente pregiudicati, proprio a causa dell’intromissione umana.
Le opere previste per questo festival della luce sono 18, ognuna con un significato preciso:
Attive da anni nel campo teatrale e musicale come scenografe e light designer, Chiara Patriarca e Francesca Cecarini hanno firmato Giardino di cemento armato realizzato con l’ausilio di morbide luci policrome arricchite da sonorità a volte vibranti ed a volte delicate; il collettivo Deltaprocess ha realizzato Overflow che rappresenta l’evoluzione spaziale di una muffa sulla mappa del Pigneto, opera realizzata attraverso mappe psico-geografiche e la tecnica della deriva di Guy Debord; l’artista olandese Hinrich Gross con l’opera Groninger Tiles riflette sulla natura dei pixel.
Tutto tatto a perdere dell’artista internazionale Lino Strangis è dedicata alla perdita dei contatti umani in tempi di pandemia; Y.K. L’altra metà del cielo dedicata all’artista Yves Klein dall’architetto ed artista Diego Repetto accompagnato da Gianni Maroccolo, compositore e produttore indipendente. Ellissi 2.0 che abbraccia astronomia, matematica, pittura e cinema, è uno dei tanti interventi realizzati per l’evento dall’attrice, videomaker, regista e performer Simona Verrusio.
Le artiste Lea Brugnoli e Anna Torrazza, madre e figlia hanno firmato l’opera Dissolvenze che si aggiunge ai loro lavori sul precinema; Luca Cataldo per RGB ha realizzato Legame, opera incentrata sulle modalità simboliche che legano il mondo vegetale a quello animale; Luca Mauceri con il collettivo MediaMash Studio ha firmato l’opera Crescerà l’erba sulle nostre città che riflette sull’interazione tra uomo e natura all’interno di un contesto metropolitano.
I creativi di Quadro Quantico hanno realizzato Data Storming dove un flusso caotico di dati riesce ad armonizzarsi accanto al volo degli uccelli nel cielo, trasformandosi così in un quadro digitale che invade lo spazio pubblico modificandone la percezione; simile è l’opera del Collettivo L4R, Concrete Walls, un mosaico della Natura che vuole ridefinire i muri cittadini e attivare il processo della contemplazione; Daniele Spanò invece con Fino a qui mette a confronto un teatro e una piazza proponendo così una riflessione sull’architettura come superficie che separa lo spazio interno da quello esterno; Su un concetto simile si basa l’opera di Olga Tuzova e Lorenzo Pagella, Teatri d’Italia, che propone una carrellata malinconica sui teatri vuoti che, in questo periodo in cui la pandemia ne ha obbligato la chiusura, si appropriamo della strada per andare in scena davanti ad un pubblico reale. Un’altra loro opera selezionata per questa rassegna è La Vita prima e dopo, chiaro riferimento al profondo stravolgimento causato dalla pandemia.
Segni di Luce è una raccolta in loop dei migliori lavori di light painting del collettivo di fotografi e performer I light; Raw Flows (Dancing Bodies Chainge the World) , realizzata dall’artista barese Flavia Tritto, è una raccolta di 4 video installazioni sull’andamento delle waveform RGB (oscilloscopio digitale) risultanti da sequenze video, i cui protagonisti ballano in luoghi differenti fino a fondersi con l’ambiente circostante incitando al movimento senza vincoli e liberatorio volto a connettersi con se stessi ed il mondo.
L’artista francese Jeremy Oury presenta l’opera performativa Emersive, che attraverso componenti video e audio spazia tra griglie e frattali evocando, con l’ausilio di registrazioni d’archivio, il contributo apportato dalle scoperte scientifiche e tecnologiche alla società; Simone Palma e Raffaele Settembre, artisti attivi nel campo teatrale, che con l’opera Attraversamenti#02 propongono una riflessione sulla identità e la percezione di sé
I luoghi designati ad ospitare queste opere di luce, sono luoghi dalle storie differenti e con differenti peculiarità, ciò che li accomuna è essere dei luoghi sospesi, stretti tra la perdita di identità e una continua condizione di precarietà causata da un caotico sviluppo urbanistico.
Questi luoghi hanno radici profonde nella cultura romana e negli anni sono diventati il simbolo del degrado urbano e dell’uso sconsiderato del bene pubblico. Questa loro caratteristica li ha resi perfetti per accogliere questo festival, tre di questi siti sono scelte storiche di RGB e fanno parte dei quartieri Pigneto e Torpignattara, Le Torri Ligini che affacciano sul laghetto dell’Eur, fanno il loro ingresso per la prima volta questo anno e saranno illuminate per la serata conclusiva dell’evento.
Questo festival porta con se un messaggio politico forte così come espresso dal direttore artistico Diego Labonia: “L’Umanità agisce in modo invasivo e irresponsabile, egoistico e arrivistico, illudendosi di governare il mondo naturale e ignorando le responsabilità che ha nei confronti di esso. È necessario introdurre un cambiamento rapido e radicale: abbiamo la responsabilità di prenderci cura della Natura, questo è il pensiero che deve governare le nostre azioni quotidiane, facendoci ispirare dalle visioni degli artisti. Come possiamo, attraverso l’arte, ‘Naturare’ l’impatto dell’azione dell’intera Umanità e metterla in armonia con la Natura?” La risposta sta nel trasformare un azione effimera, definita nello spazio e nel tempo, in qualcosa di permanente che abbia un valore nel tempo.
Per coloro che volessero approfondire la conoscenza della light art e dell’arte digitale è stato pensato il programma La necessità di modificare l’esistente, un ciclo di incontri con manager, docenti e artisti, laboratori per bambini, e workshop, che partiranno il 20 dicembre per concludersi il 30 dicembre.
Di seguito i luoghi del festival:
Parco Giordano Sangalli | 19 dicembre viale dell’Acquedotto Alessandrino
Il Parco Giordano Sangalli si trova in Viale dell’Acquedotto Alessandrino ed è uno dei tre parchi pubblici del quartiere di Tor Pignattara. L’area dell’Acquedotto fu interessata nel corso del ‘900 da fenomeni massicci di speculazione edilizia e di edilizia spontanea. Immigrati dal sud Italia ma anche sfollati del centro durante il periodo fascista costruiscono le loro case addossandole proprio all’Acquedotto. Una volta abbattute, hanno lasciato spazio all’attuale parco Sangalli.
Parcheggio Pavoni-Pigneto |20 dicembre Tra via del Pigneto e via Luigi Pavoni
L’area parcheggio Pavoni/Pigneto rappresenta quello che può accadere quando si costruisce senza nessuna progettazione urbanistica, ma lasciando semplicemente spazio al mero accostamento casuale di palazzi alti quattro volte le costruzioni già esistenti. La casualità ha dunque creato una bruttura: cinque muri ciechi fanno da scenario in questo incastro di colate di cemento, creando una “naturale” zona parcheggio.
Sopraelevata Tangenziale Est | 21 dicembre via Prenestina, altezza civico 52
È il tratto sopraelevato sulla via Prenestina della Tangenziale Est, una strada ad alto scorrimento progettata dall’architetto Kenzo Tange negli anni ‘60 ma già prevista dal piano regolatore del 1909, nata per unire la parte settentrionale e meridionale della città. La sopraelevata della tangenziale Est è stata una scelta azzardata, un’idea di inizio ‘900 che aveva tutte le possibilità di svilupparsi nel migliore dei modi ma che è finita per insinuarsi tra gli immobili costruiti dopo la speculazione edilizia del dopoguerra, creando così scenari urbani che sono sempre stati associati al degrado.
Nate nel 1961 negli ampi spazi dell’EUR e mantenendo le linee dettate dall’architettura razionalista, dopo esser state la sede di alcuni uffici del Ministero delle Finanze, le Torri Ligini non hanno avuto vita facile: per decenni il simbolo del degrado, dell’incuria e del cattivo utilizzo del bene pubblico sono cadute in disuso fino ai giorni nostri. Molti progetti di recupero si sono susseguiti dagli anni ‘90 in poi ma nessuno è stato realizzato.
Lo scorso 15 Settembre è stata inaugurata presso il Maxxi (Museo delle Arti del XXI secolo) , la mostra fotografica Giovanni Gastel. The People I Like, a cura di Umberto Frigerio, che afferma: “Difficilissimo […] è stato fare la selezione tra i numerosissimi ritratti fotografici di tutti questi anni. Selezione durissima, sofferta, – abbiamo dovuto lasciare fuori bellissime foto e bellissime persone, amici e artisti-soprattutto perché abbiamo intitolato la mostra: Giovanni Gastel. The people I like.”
Giovanni Gastel inizia a lavorare da Christie’s tra il 1975-1976, affinando la sua tecnica fotografica con un lungo apprendistato, ma la svolta arriva nel 1981 con l’incontro con Carla Ghiglieri, la quale diventata sua agente e lo introduce nel mondo della moda.
Da qui in poi la sua vita è tutta in salita, dopo le prime pubblicazioni su riviste come Annabella, inizia ad essere ricercato anche da altri, Edimoda e Mondo Uomo e Donna, ma la consacrazione nel modo dei fotografi di fama internazionale arriva nel 1997 con un sua personale realizzata da Germano Celant alla Triennale di Milano. Da qui il suo successo professionale si consolida fino a raggiungere la notorietà di artisti del suo campo, quali Mario Testino, Oliviero Toscani, Helmut Newton.
Giovanni Gastel, nato a Milano il 27 dicembre 1955 da Giuseppe Gastel e da Ida Visconti di Modrone, ultimo di sette figli; oggi è membro del Consiglio di amministrazione del Museo di Fotografia Contemporanea, partner istituzionale della Triennale di Milano e membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione IEO-CCM.
Con le direttive post Covid-19, per accedere alla mostra è preferibile acquistare il biglietto online, la mostra dura in tutto un’ora ma basta per ammirare le fotografie esposte.
Tra i personaggi ritratti, spiccano i volti di Carolina Crescentini, Isabella Ferrari, Carla Sozzani, Pino Daniele, Bebe Vio, Giuseppe Di Piazza, Luciana Littizzetto, Fiorello, Barack Obama, Marco Pannella, Vasco Rossi, Jovanotti, Giuliano Sangiorgi, Omar Pedrini, Nicola Savino; oltre 200 ritratti, molti dei quali in bianco e nero, che sembrano voler restituire l’anima del soggetto fotografato.
Giovanni Gastel è famoso sopratutto per questa sua particolare capacità di immortalare la vera essenza dei protagonisti delle sue fotografie, il suo uso della luce da risalto al personaggio, lo mette al centro della scena, questa tecnica ricorda molto lo stile pittorico del Caravaggio.
Egli, come il pittore, riesce a donare ai soggetti un corpo e una forma tridimensionale grazie all’illuminazione che, come su un palcoscenico, sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena.
Giovanni Gastel stesso afferma: “Fotografare è una necessità e non un lavoro. Rendere eterno un “incontro” tra due anime, mi incanta e mi fa sentire parte di un tutto”.
La mostra, che si concluderà il prossimo 22 Novembre, rappresenta un dialogo continuo tra anime, quelle del fotografo, del soggetto fotografato e dello spettatore.
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Lo scorso 28 Aprile è giunta la dichiarazione di Iole Siena Presidente del Gruppo Arthemisia in merito alla riapertura delle mostre pronosticata per il 18 Maggio.
Immagine di proprietà di Arthemisia
La Presidente ha affermato che per quanto lodevole possa essere la volontà di riaprire le mostre al pubblico il 18 Maggio prossimo, questo non sarà possibile. Queste le ragioni del suo no:
1. Non c’è stata ancora una risposta su eventuali sostegni per le imprese della cultura: con le grosse perdite subite, non è possibile correre ulteriori rischi senza sapere se vi saranno aiuti e come si potranno portare avanti le attività.
2. Il periodo maggio-settembre è notoriamente quello con le minori affluenze di pubblico alle mostre. In tempi “normali” aprire una mostra a maggio equivale a una perdita certa (la stagione primaverile delle mostre va da febbraio a giugno); in questo momento, con i contagi e la paura ancora diffusi, significherebbe aprire per (forse) pochissime persone al giorno. Va anche considerato il fattore psicologico: dopo quasi due mesi di quarantena, quante persone vorranno recarsi in un luogo chiuso come lo spazio espositivo di una mostra? E quante, con le incertezze economiche correnti, potranno spendere soldi per visitare una mostra?
3. Il pubblico delle mostre è composto per il 10% dal pubblico scolastico (escluso in questa fase), per il 40% dal pubblico dei gruppi (escluso in questa fase), per il 15% dal pubblico di turisti (escluso in questa fase), per il 15% dal pubblico over 65 anni (escluso in questa fase). Rimane un 20% del cosiddetto “pubblico singolo” che, se anche volesse andare alle mostre, non consentirebbe in alcun modo di coprire le spese.
4. Con le necessarie misure di sicurezza, potrà entrare una persona ogni 5 minuti, quindi al massimo 120 persone al giorno, con un incasso medio di circa 1.200 euro al giorno. Il costo giornaliero medio di una mostra, considerando il personale di vigilanza e di biglietteria, le assicurazioni, gli affitti, le pulizie, ecc., si aggira intorno ai 6.000 euro. È evidente che sarebbe del tutto antieconomico.
5. Gli spazi espositivi delle mostre tipicamente non sono ambienti “sani”: non hanno finestre (né si possono aprire, per la conservazione delle opere), di solito hanno la moquette in terra, non c’è ricambio di aria. Anche immaginando una sanificazione frequente (che peraltro costituisce un costo in più), qualora in mostra passasse una persona contagiata metterebbe a rischio tutte le altre, perché anche adottando la distanza sociale di uno o due metri, l’aria nelle stanze resterebbe la stessa e i pavimenti non sono facilmente lavabili. Tantomeno sono lavabili le opere d’arte, che non potranno di certo essere disinfettate. Infine nessun assicuratore esercita una copertura per i rischi di contagio da coronavirus, quindi il rischio per chi organizza sarebbe molto alto.
6. Le misure di sicurezza da adottare (prenotazioni obbligatorie per i visitatori, percorsi obbligati all’interno delle sale, audioguide da rifare, santificazione frequente, dispositivi per la igiene del pubblico, impianti per il ricambio salubre dell’aria), richiedono tempo (almeno 4 mesi di lavoro) e ulteriori investimenti. Si sarà pronti non prima di settembre, con le misure adeguate.
7. I prestatori nazionali e internazionali non prestano finchè non c’è certezza di poter viaggiare, e sicuramente a maggio i viaggi internazionali non saranno consentiti.
La Presidente Iole sostiene fermamente che per le mostre private sarà molto difficile riaprire prima di Ottobre 2020 o di notizie certe che il rischio di contagio del Coronavirus è stato definitivamente annullato.
Continua dicendo che occorre prima di tutto affrontare il tavolo dei sostegni alle imprese della cultura, poi si devono mettere a punto le misure di sicurezza avendo il tempo di testarle, e poi si possono annunciare le riaperture in maniera sensata e univoca, mettendo tutti nelle stesse condizioni di operare, anche per correttezza di mercato.
Bisogna tenere conto che le misure cautelative adottate a seguito dell’emergenza COVID-19 hanno recato ingenti perdite economiche alle imprese del settore della cultura. Nello specifico il settore delle mostre d’arte che vive sugli incassi delle biglietterie, bloccate dalla metà di febbraio, e che al 95% anticipa i costi prima dell’apertura, si è ritrovato con una spesa di qualche milione di euro. Questa spesa ovviamente non è stata compensata dai ricavi, che come è ovvio non sono potuti maturare.
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In questi giorni presso il MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo) di Roma, sono in corso numerose esposizioni di notevole interesse.
Per quanto ogni mostra riguardi argomenti e materiali differenti il filone che le accomuna si rintraccia nel tessuto sociale che ha creato i protagonisti e dato loro notorietà, lo stesso tessuto sociale che questi protagonisti sono stati in grado di comprendere e, oggi grazie alle loro opere, abbiamo la possibilità di conoscere meglio.
La stessa struttura del museo è opera di uno dei maggiori esponenti del XXI secolo, l’architetto anglo-irachena Zaha Hadid, scelta perché in grado di creare strutture capaci di integrarsi nel tessuto urbano, per le soluzioni architettoniche innovative e per l’abilità di interpretare le potenzialità dei luoghi. Il MAXXI infatti si presenta come una enorme struttura innovativa ed armonica al tempo stesso, che con i suoi ampi spazi riesce a creare un flusso comunicativo tra i vari ambienti, fluido e senza drastiche interruzioni. Permettendo così la convivenza armoniosa tra le diverse esposizioni senza creare confusione o smarrimento nei visitatori.
Ma passiamo ora in esame le varie mostre in corso.
Della Materia Spirituale dell’Arte, che si concluderà giorno 8 Marzo, offre allo spettatore la possibilità di interrogarsi sul concetto della Spiritualità ai giorni nostri, attraverso l’interpretazione fatta dagli artisti in esposizione e poter anche confrontare questa visione con le opere risalenti all’età arcaica di Roma. Infatti insieme alle opere contemporanee sono stati riuniti reperti archeologici provenienti dai principali musei della capitale: i Musei Vaticani, il Museo Nazionale Romano, i Musei Capitolini e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.
La mostra, a cura di Bartolomeo Pietromarchi, riunisce 19 artisti ognuno con un bagaglio culturale ed un background diverso: John Armleder, Matilde Cassani, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Elisabetta Di Maggio, Jimmie Durham, Haris Epaminonda, Hassan Khan, Kimsooja, Abdoulaye Konaté, Victor Man, Shirin Neshat, Yoko Ono, Michal Rovner, Remo Salvadori, Tomás Saraceno, Sean Scully, Jeremy Shaw e Namsal Siedlecki.
Un’altra mostra che vedrà la sua conclusione nel giorno dedicato alle donne è At Home. Progetti per l’abitarecontemporaneo, a cura di Margherita Guccione e Pippo Ciorra.
Un insieme di plastici, foto e piantine che riproducono edifici ed interni di abitazioni pensati per adattarsi perfettamente ai luoghi di destinazione e realizzati con materiali sempre più innovativi. Questi progetti offrono uno sguardo sui cambiamenti che si sono susseguiti nel mondo dell’architettura e nel concetto dell’abitare negli anni che vanno dal dopoguerra a oggi, con un excursus delle opere dei grandi maestri del Novecento e delle nuove figure emergenti del panorama architettonico internazionale.
Questa mostra è fortemente legata all’esposizione Kostantin Grcic. L’immaginazione al potere, che si concluderà il 15 Marzo, un’istallazione che riproduce alcune costruzioni presenti in At Home, nello specifico quelle degli architetti Sergio Musmeci, Giuseppe Perugini, Maurizio Sacripanti e Bernard Khoury, immergendole in un ambiente surreale, ma perfettamente inserite nel contesto creato dall’artista grazie alla loro stessa natura. Questa installazione fa parte del programma Studio Visit che ogni anno invita un designer di fama internazionale a dialogare con le opere della collezione del museo per restituirne una propria personale visione. Il programma Studio Visit, che è inserito nel progetto di collaborazione tra MAXXI e Alcantara spa, ha prodotto numerose mostre che sposano l’idea di sperimentazione e ricerca propri di questa collaborazione nata nel 2011.
Sempre nell’ottica di progetti abitativi è la mostra dedicata alla produzione dall’architetto Gio Ponti, un omaggio che arriva a quaranta anni dalla sua scomparsa e offre la possibilità di conoscere l’architetto a 360°, attraverso un vasto assortimento di materiali archivistici, modelli, fotografie, libri, riviste, e oggetti.
La mostra Gio Ponti. Amare l’architettura, che si concluderà il 13 Aprile, offre la possibilità di conoscere l’universo dell’architetto, una vasta e poliedrica produzione che unisce idee e culture differenti nella sperimentazione di nuovi concetti dell’abitare, partendo proprio dall’esigenza di costruire che lo stesso Gio Ponti definì in Vocazione architettonica degli italiani (1940): «Gli italiani sono nati per costruire. Costruire è carattere della loro razza, forma della loro mente, vocazione ed impegno del loro destino, espressione della loro esistenza, segno supremo ed immortale della loro storia.»
L’esposizione è a cura di Maristella Casciato, Fulvio Irace in collaborazione con Margherita Guccione, Salvatore Licitra, Francesca Zanella.
Gli amanti della fotografia industriale potranno visitare l’esposizione Architettura, Silenzio e Luce. Louis Kahn nelle fotografie di Roberto Schezen, aperta al pubblico fino al 2 Giugno presso il centro archivi del MAXXI. Le foto di Schezen restituiscono il pensiero e la ricerca dell’architetto Kahn, che realizzò numerose costruzioni cercando di trarre il massimo vantaggio dalla luce naturale.
La mostra, curata da Simona Antonacci ed Elena Tinacci, mette in risalto anche le visioni stranianti ed estreme proprie del lavoro fotografico di Schezen che, giocando con la luce, le ombre ed i colori, rende le immagini vere opere d’arte.
Un altro spazio dedicato allo sposalizio tra arte e fotografia è offerto dalla mostra Elisabetta Catalano. Tra immagine e performance presso la zona lobby – archive wall fino al 15 Marzo. L’esposizione, curata da Aldo Enrico Ponis, rappresenta un diario visivo delle fotografie realizzate dall’artista, ogni capitolo corrisponde all’evento o agli artisti da lei immortalati nel suo studio, tra questi Joseph Beuys, Fabio Mauri, Vettor Pisani e Cesare Tacchi. Attraverso queste immagini Elisabetta Catalano restituisce la performance estemporanea o creata a tavolino che gli stessi artisti le hanno commissionato.
Nell’area distaccata del MAXXI è stata allestita una mostra dedicata alla produzione di Altan, che con le sue opere a fatto ridere e piangere adulti e bambini.
Altan. Pimpa, Cipputi e altri pensatori, questo il titolo della mostra che si concluderà il 13 Aprile, e che ripercorre anni di storia attraverso i disegni, i fumetti e la produzione satirica che Altan ha pubblicato negli anni. Le sue opere sono l’espressione della libertà di pensiero, una libertà che mette in dubbio ogni certezza e fa riflettere sull’ambiente circostante. Una produzione così libera da bavagli e catene che riesce ad essere attuale ancora oggi.
La mostra, a cura di Anne Palopoli e Luca Raffaelli, è stata realizzata in coproduzione con Fondazione Solares e Franco Cosimo Panini Editore, a cura di Anne Palopoli e Luca Raffaelli.
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Roma- In un piccolo e arroccato borgo medievale della provincia romana, Castelnuovo di Porto, presso l’imponente Palazzo Ducale noto anche come Rocca Colonna si svolge in questi giorni una mostra interessante che stuzzica i sensi e la fantasia. Stiamo parlando dell’esposizione dedicata a Roberto Molinelli che racchiude tutte le opere realizzate dall’artista e che prende il titolo di Antologica 1990 – 2019.
Nato a Genova nel 1961, Roberto Molinelli dopo aver concluso gli studi presso il Liceo Artistico avvia la sua carriera come decoratore e scenografo nel settore turistico. Trasferitosi a Roma nel 1986 inizia a specializzarsi negli effetti speciali collaborando con il mondo cinema e della televisione. La svolta arriva nel 2015 grazie alla collaborazione con Makinarium, una delle società più importanti d’Italia nel campo degli effetti speciali e con loro lavora a molti film tra cui Zoolander 2 e il nuovo Ben Hur.
Molti italiani però lo hanno conosciuto grazie ad un lavoro più recente, un film rimasto nelle sale troppo poco ma che ben presto potrà essere visibile nella più nota piattaforma digitale, si tratta di Copperman di Eros Puglielli interpretato da Luca Argentero.
La storia artistica di Molinelli si deve in gran parte al suo amore per il modellismo e alla sua curiosità che durante gli anni di lavoro gli ha permesso di conoscere materiali ed affinare tecniche portandolo a creare un percorso creativo personale.
Roberto Molinelli non si limita agli effetti speciali, ma spazia verso quell’universo sensoriale ed intellettuale che appartiene al mondo dell’arte.
Le opere di Molinelli sono realizzate con oggetti di varia provenienza e natura (ossa, chiavi, giocattoli, monete e altro ancora) che vengono sapientemente combinati work in progress.
Il lavoro parte da una visione, senza ausilio di schizzi, e segue il suo corso fino ad opera realizzata, lo stesso Molinelli ci ha detto che il suo lavoro è frutto di tanta esperienza e di un forte baglio culturale che con gli anni ha reso ricca e florida la sua immaginazione.
Appare chiaro da subito quale sia lo spirito della mostra e la personalità dell’artista, infatti varcando la soglia d’ingresso di Rocca Colonna si viene accolti da un enorme scorpione realizzato interamente con materiali di recupero tenuti insieme da mastice e viti filettate ed infine verniciato.
La visita prosegue con una sala dedicata a Copperman dove si può apprezzare il costume di scena, miniature ed altri particolari relativi al personaggio, proseguendo lungo il percorso si giunge in una sala dove sono esposti i simpatici pezzi della serie Asimov Robotic Service e della Archeologia Nautica.
Da questa sala si giunge da una parte in una piccola stanza dove sono esposte delle magnifiche ali bianche a misura d’uomo e delle più piccole ali marroni screziate di rosso in scala 1:10; dall’altra parte si prosegue verso altre due sale dedicate alle Icone, realizzate reinterpretando l’arte bizantina e l’arte sacra in genere attraverso la nobilitazione di oggetti del quotidiano.
Osservando le opere di Molinelli si resta ipnotizzati alla ricerca del più piccolo dettaglio racchiuso in un contesto più grande che trasmette un’immagine significativa, ogni singolo pezzo contribuisce a conferire valore e significato all’opera; se apparentemente sembra di avere davanti oggetti messi a caso, ad uno sguardo più attento si percepisce quanto in realtà l’opera sia perfettamente bilanciata e simmetrica.
Tra le sue opere si annoverano anche i Tecnomorfi (1990-1998) frutto di una combinazione tra archeologia industriale e arte primitiva, Paleomorfi (1998-2000) costituiti da animali fantastici che si presentano come rari esemplari fossili ed infine gli Archeomorfi termine che raccoglie tutto ciò che per stile e significato si discosta dalle altre catalogazioni: maschere, monili, bronzetti equestri e tanto altro ancora.
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La mostra inaugurata lo scorso 15 Dicembre 2019, si sarebbe dovuta concludere il 12 Gennaio scorso, ma da quando detto dall’artista potrà ancora essere visitata il sabato e la domenica fino al 2 Febbraio 2020.
Per informazioni dettagliate ed aggiornamenti potete visitare la pagina Facebook o Istagram di Roberto Molinelli.
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Ci siamo finalmente è nato il nuovo Centro di ricerca internazionale di Cà Foscari, si chiama Marco Polo ed è dedicato al famoso esploratore che per primo descrisse gli usi e costumi dell’Antica Cina.
Il Centro per le connessioni globali Europa-Asia (MaP) è stato inaugurato il 18 Novembre scorso nella sede di Cà Vendramin, lo scopo è favorire la cooperazione scientifica a livello nazionale e internazionale tra Asia, Europa e Mediterraneo, sulle nuove identità religiose e sfide globali legate a processi di migrazione e cambiamenti climatici.
Grazie al finanziamento del progetto di eccellenza del dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea (DSAAM) è stato possibile creare la struttura presso la quale si organizzeranno convegni, simposi, summer school e altre attività didattiche e di ricerca, rivolte a consolidare il profilo del dipartimento come punta di diamante negli studi asiatici e nordafricani a livello nazionale e internazionale. Insomma il DSAAM vuole porsi come punto di riferimento per lo studio delle profonde trasformazioni intellettuali, economiche e socio-culturali in atto in Asia e nel mondo mediterraneo, che influenzano sempre più gli equilibri generali nell’era della globalizzazione.
Sulla scia delle iniziative assunte già nel 2013, verrà dato ampio spazio al tema della Nuova via della Seta (Belt and Road Initiative – BRI) che ha assunto una posizione centrale nell’ambito del dibattito internazionale ed ancora oggi in forte sviluppo da parte del Governo Cinese.
Vista la portata del progetto e degli studi da svolgere il MaP coinvolgerà numerose strutture dipartimentali e di ricerca dell’ Università Cà Foscari , nonchè con varie strutture nazionali ed internazionali, come l’International Institute of Asian Studies (IIAS, Leiden, Paesi Bassi), ilChinaMed e il To-China.
In cantiere diversi strumenti per la realizzazione degli obbiettivi del MaP:
Summer School internazionali : verrà posta l’attenzione sui processi storici ed i trends emergenti nella politica, la governance, l’economia e i cambiamenti socio-culturali tra Europa, Asia e Mediterraneo.
Marco Polo Lectures : delle letture dedicate che vedranno la partecipazione di studiosi di alto profilo internazionale, accademico e culturale.
Marco Polo Colloquia : dei dibatti annuali dove studiosi ed esperti di vari paesi si confronteranno sulle questioni più significative delle relazioni Europa/Asia e dei cambiamenti in atto nel continente asiatico e nell’area del Mediterraneo.
Seminari, workshop e letture annuali su temi specifici che si svolgeranno spesso anche in collaborazione con studiosi in visita sia nazionali che internazionali. Tra questi si segnala il Progetto “China 70-100” che ha lo scopo di mettere in luce gli aspetti più importanti dello sviluppo della identità moderna in Cina alla luce degli anniversari del “Movimento del Quattro Maggio 1919” e della fondazione della Repubblica Popolare Cinese” (1949) e quello, in programma a fine novembre 2019, su “Brussels Looks East. The Caspian Region and and the New EU Strategy Towards Central Asia”
Per tutte le altre iniziative si invita a visitare il sito accademico
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