In un contesto in cui ormai molto è stato detto su questo nuovo film di Paolo Sorrentino, riesce difficile parlarne offrendo uno sguardo diverso.
Parthenope ci offre un nuovo, intenso ed appasionato racconto sulla storia di Napoli, meravigliosa, controversa, buia e luminosa al tempo stesso.
In questo film c’è tutta Napoli, un leitmotiv che accompagna la protagonista svelando pian piano la sua straziante bellezza.
Questo è il racconto della vita di una donna, nata negli anni Cinquanta, con parto in acqua come la dea da cui prende il nome, Parthenope, e come lei caratterizzata da una bellezza prorompente ed abbagliante.
Una bellezza potente di cui si rende presto consapevole grazie allo sguardo disinteressato di uno scrittore inglese (Gary Oldaman). Una ragazza viva e intelligente, che dovrà fare i conti con l’abisso e la superficialità di chi la guarda senza vederla.
Sin dalla nascita la storia di questa ragazza, interpretata da Celeste Dalla Porta, si intreccia con il racconto di Napoli, di cui ci vengono svelati miti e leggende, bellezze ed orrori, con un sguardo di chi ha fame di conoscenza e curiosità di vedere le cose per ciò che sono, senza etichette o stereotipizzazioni. Uno sguardo privo di buonismo o severi pregiudizi.
Non è un caso che la protagonista percorra la carriera di antropologa.
Il racconto di Paolo Sorrentino pone in parralello due universi, quello a lui noto e caro, relativo al raccono di una città antica come Napoli, le cui radici affondano in un passato lontano, fatto del mito della dea Parthenope, del miracolo del sangue di San Gennaro, dell’oro del Santo, della fede calcistica, dei bassi e dei riti camorristici. Radici che vengono conservate e tramandate. C’è la Napoli festosa, allegra, abbagliante e poi c’è la Napoli cupa, disarmante, svilente.
Altro universo è quello femminile, a cui il regista si accosta con pudore, lasciandosi condurre dallo sguardo della giovane protagonista verso la potenza della seduzione femminile, l’illusione di avere un tempo illimitato per assaporare la vita.
C’è un universo femminile che cerca di realizzare i propri sogni con determinazione, ache se questo costa caro e porta numerose rinunce, come accade per le due attrici che incontra la protagonista durante il suo percorso Flora Malva (Isabella Ferrari) e Greta Cool (Luisa Ranieri).
La fotografia e le musiche scelte sono un ancoraggio ai pensieri ed alle emozioni della giovane protagonista, che arrivano chiari ed intensi anche quando lei stessa dissimula con la mimica facciale.
Un aiuto in più per lo spettatore che, diversamente dai compagni di viaggio della ragazza, sa sempre cosa pensa. Quel “a cosa pensi” è una richiesta che si sentirà ripetere spesso nella vita, in ogni incontro, finche alla maturità sarà lei stessa ad esprimere il suo pensiero, senza più filtri e senza più il peso delle aspettative altrui addosso.
In tutta la vita l’unico con cui non ha dovuto filtrare i suoi pensieri è stato il suo professore di Antropologia, Devoto Marotta (Silvio Orlando), che ha saputo vederla ed accompagnare nella sua evoluzione, senza intromissioni ma garantendo una presenza stabile e solida sulla quale contare, con la quale relazionarsi senza l’ombra del giudizio.
Sarà sempre il suo professore a farle il regalo più grande, quello di riconciliarla con se stessa, facendola entrare nel proprio spazio familiare e presentandole il figlio (di cui durante i vari incontri si sa solo che è molto malato), riesce a mostrarle ciò che lei non riusciva più a vedere di se stessa e della propria vita la meraviglia di riscoprire la bellezza oltre la mostrusità.


Ph: Gazzetta dello sport e Sky TG24
Se ti è piaciuto lascia il tuo piccolo contributo qui.


