Io resto a casa

Ormai il dado è tratto.

Vista l’aggressività del virus e la sua facilità di propagazione, il Consiglio dei Ministri ha esteso la quarantena a tutta l’Italia. Le merci viaggiano ancora e molte attività lavorative con le dovute precauzioni continuano.

Dobbiamo fare la nostra parte, e restare il più possibile a casa per non aggravare la situazione. Sono giorni questi di coraggio, gli operatori sanitari, i medici e tutti gli ospedali stanno dando il massimo per fronteggiare questa emergenza. Tante sono le dimostrazioni di solidarietà e le raccolte fondi create per sopperire alle risorse limitate ed in esaurimento.

Fioccano i video dei personaggi del mondo dello spettacolo, che incoraggiano a stare a casa, riscoprire la famiglia e ciò che si può fare insieme stando a casa. E di cose c’è ne sono veramente tante: studiare insieme, leggere dei libri e riscoprire il piacere di commentarli insieme, rispolverare i vecchi giochi da tavolo.

Imparare cose utili da fare a casa, fare tutto quello che a causa del poco tempo che il lavoro o altre attività che ci costringevano a stare via da casa a lungo abbiamo sempre rimandato. Possiamo inventare giochi nuovi con i nostri figli, o far giocare i nostri animali domestici un po’ di più.

La vita non si ferma solo perché dobbiamo passare più tempo a casa.

Con le moderne applicazioni possiamo fare anche attività fisica e qual si voglia sport adatto a noi e a ciò che abbiamo a casa.

Possiamo finalmente cucinare quel piatto complicato che ci piace così tanto e che mangiavamo solo a casa della nonna. Oppure iniziare a dipingere o disegnare e perché no anche scrivere un diario con i nostri pensieri o altro per allontanare l’ansia e la preoccupazione.

Possiamo prenderci cura di noi stessi, con scrub, maschere, creme e massaggi fai da te.

Possiamo finalmente chiamare o scrivere a quegli amici lontani e che vediamo una volta all’anno.

Insomma di cose da fare a casa se ne trovano veramente tante, basta sbizzarrire la propria fantasia ed attitudine.

Il mio pensiero ora va a tutti coloro che ogni giorno si impegnano seriamente, per sconfiggere il Coronavirus e che lottano in prima linea e ringrazio.

Grazie a tutti quelli che mandano avanti l’economia, nel rispetto delle norme di sicurezza, e che garantiscono l’approvvigionamento dei beni alimentari.

Infine grazie a chi responsabilmente resta a casa.

Vi lascio con una bellissima riflessione della Psicologa Francesca Morelli:

“Credo che il cosmo abbia il suo modo di riequilibrare le cose e le sue leggi, quando queste vengono stravolte.

Il momento che stiamo vivendo, pieno di anomalie e paradossi, fa pensare…

In una fase in cui il cambiamento climatico causato dai disastri ambientali è arrivato a livelli preoccupanti, la Cina in primis e tanti paesi a seguire, sono costretti al blocco; l’economia collassa, ma l’inquinamento scende in maniera considerevole. L’aria migliora; si usa la mascherina, ma si respira…

In un momento storico in cui certe ideologie e politiche discriminatorie, con forti richiami ad un passato meschino, si stanno riattivando in tutto il mondo, arriva un virus che ci fa sperimentare che, in un attimo, possiamo diventare i discriminati, i segregati, quelli bloccati alla frontiera, quelli che portano le malattie. Anche se non ne abbiamo colpa. Anche se siamo bianchi, occidentali e viaggiamo in business class.

In una società fondata sulla produttività e sul consumo, in cui tutti corriamo 14 ore al giorno dietro a non si sa bene cosa, senza sabati nè domeniche, senza più rossi del calendario, da un momento all’altro, arriva lo stop.

Fermi, a casa, giorni e giorni. A fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso il valore, se non è misurabile in compenso, in denaro. Sappiamo ancora cosa farcene?

In una fase in cui la crescita dei propri figli è, per forza di cose, delegata spesso a figure ed istituzioni altre, il virus chiude le scuole e costringe a trovare soluzioni alternative, a rimettere insieme mamme e papà con i propri bimbi. Ci costringe a rifare famiglia.

In una dimensione in cui le relazioni, la comunicazione, la socialità sono giocate prevalentemente nel “non-spazio” del virtuale, del social network, dandoci l’illusione della vicinanza, il virus ci toglie quella vera di vicinanza, quella reale: che nessuno si tocchi, niente baci, niente abbracci, a distanza, nel freddo del non-contatto.

Quanto abbiamo dato per scontato questi gesti ed il loro significato?

In una fase sociale in cui pensare al proprio orto è diventata la regola, il virus ci manda un messaggio chiaro: l’unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunità, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro.

Allora, se smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo, ma ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo, credo che abbiamo tutti molto su cui riflettere ed impegnarci.

Perché col cosmo e le sue leggi, evidentemente, siamo in debito spinto. Ce lo sta spiegando il virus, a caro prezzo.”

#iorestoacasa

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Museo nazionale delle arti del XXI secolo tra Architettura, Spiritualità, Immagini e fumetti

In questi giorni presso il MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo) di Roma, sono in corso numerose esposizioni di notevole interesse.

Per quanto ogni mostra riguardi argomenti e materiali differenti il filone che le accomuna si rintraccia nel tessuto sociale che ha creato i protagonisti e dato loro notorietà, lo stesso tessuto sociale che questi protagonisti sono stati in grado di comprendere e, oggi grazie alle loro opere, abbiamo la possibilità di conoscere meglio.

La stessa struttura del museo è opera di uno dei maggiori esponenti del XXI secolo, l’architetto anglo-irachena Zaha Hadid, scelta perché in grado di creare strutture capaci di integrarsi nel tessuto urbano, per le soluzioni architettoniche innovative e per l’abilità di interpretare le potenzialità dei luoghi. Il MAXXI infatti si presenta come una enorme struttura innovativa ed armonica al tempo stesso, che con i suoi ampi spazi riesce a creare un flusso comunicativo tra i vari ambienti, fluido e senza drastiche interruzioni. Permettendo così la convivenza armoniosa tra le diverse esposizioni senza creare confusione o smarrimento nei visitatori.

Ma passiamo ora in esame le varie mostre in corso.

Della Materia Spirituale dell’Arte, che si concluderà giorno 8 Marzo, offre allo spettatore la possibilità di interrogarsi sul concetto della Spiritualità ai giorni nostri, attraverso l’interpretazione fatta dagli artisti in esposizione e poter anche confrontare questa visione con le opere risalenti all’età arcaica di Roma. Infatti insieme alle opere contemporanee sono stati riuniti reperti archeologici provenienti dai principali musei della capitale: i Musei Vaticani, il Museo Nazionale Romano, i Musei Capitolini e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

La mostra, a cura di Bartolomeo Pietromarchi, riunisce 19 artisti ognuno con un bagaglio culturale ed un background diverso: John Armleder, Matilde Cassani, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Elisabetta Di Maggio, Jimmie Durham, Haris Epaminonda, Hassan Khan, Kimsooja, Abdoulaye Konaté, Victor Man, Shirin Neshat, Yoko Ono, Michal Rovner, Remo Salvadori, Tomás Saraceno, Sean Scully, Jeremy Shaw e Namsal Siedlecki.

Un’altra mostra che vedrà la sua conclusione nel giorno dedicato alle donne è At Home. Progetti per l’abitare contemporaneo, a cura di Margherita Guccione e Pippo Ciorra.

Un insieme di plastici, foto e piantine che riproducono edifici ed interni di abitazioni pensati per adattarsi perfettamente ai luoghi di destinazione e realizzati con materiali sempre più innovativi. Questi progetti offrono uno sguardo sui cambiamenti che si sono susseguiti nel mondo dell’architettura e nel concetto dell’abitare negli anni che vanno dal dopoguerra a oggi, con un excursus delle opere dei grandi maestri del Novecento e delle nuove figure emergenti del panorama architettonico internazionale.

Questa mostra è fortemente legata all’esposizione Kostantin Grcic. L’immaginazione al potere, che si concluderà il 15 Marzo, un’istallazione che riproduce alcune costruzioni presenti in At Home, nello specifico quelle degli architetti Sergio Musmeci, Giuseppe Perugini, Maurizio Sacripanti e  Bernard Khoury, immergendole in un ambiente surreale, ma perfettamente inserite nel contesto creato dall’artista grazie alla loro stessa natura. Questa installazione fa parte del programma Studio Visit che ogni anno invita un designer di fama internazionale a dialogare con le opere della collezione del museo per restituirne una propria personale visione. Il programma Studio Visit, che è inserito nel progetto di collaborazione tra MAXXI e Alcantara spa, ha prodotto numerose mostre che sposano l’idea di sperimentazione e ricerca propri di questa collaborazione nata nel 2011.

Sempre nell’ottica di progetti abitativi è la mostra dedicata alla produzione dall’architetto Gio Ponti, un omaggio che arriva a quaranta anni dalla sua scomparsa e offre la possibilità di conoscere l’architetto a 360°, attraverso un vasto assortimento di materiali archivistici, modelli, fotografie, libri, riviste, e oggetti.

La mostra Gio Ponti. Amare l’architettura, che si concluderà il 13 Aprile, offre la possibilità di conoscere l’universo dell’architetto,  una vasta e poliedrica produzione che unisce idee e culture differenti nella sperimentazione di nuovi concetti dell’abitare, partendo proprio dall’esigenza di costruire che lo stesso Gio Ponti definì in Vocazione architettonica degli italiani (1940):  «Gli italiani sono nati per costruire. Costruire è carattere della loro razza, forma della loro mente, vocazione ed impegno del loro destino, espressione della loro esistenza, segno supremo ed immortale della loro storia.»

L’esposizione è a cura di Maristella Casciato, Fulvio Irace in collaborazione con Margherita Guccione, Salvatore Licitra, Francesca Zanella.

Architettura, silenzio e luce. Louis Kahn nelle fotografie di Roberto SchezenGli amanti della fotografia industriale potranno visitare l’esposizione Architettura, Silenzio e Luce. Louis Kahn nelle fotografie di Roberto Schezen, aperta al pubblico fino al 2 Giugno presso il centro archivi del MAXXI. Le foto di Schezen restituiscono il pensiero e la ricerca dell’architetto Kahn, che realizzò numerose costruzioni cercando di trarre il massimo vantaggio dalla luce naturale.

La mostra, curata da Simona Antonacci ed Elena Tinacci, mette in risalto anche le visioni stranianti ed estreme proprie del lavoro fotografico di Schezen che, giocando con la luce, le ombre ed i colori, rende le immagini vere opere d’arte.

Un altro spazio dedicato allo sposalizio tra arte e fotografia è offerto dalla mostra Elisabetta Catalano. Tra immagine e performance presso la zona lobby – archive  wall fino al 15 Marzo. L’esposizione, curata da Aldo Enrico Ponis, rappresenta un diario visivo delle fotografie realizzate dall’artista, ogni capitolo corrisponde all’evento o agli artisti da lei immortalati nel suo studio,  tra questi Joseph Beuys, Fabio Mauri, Vettor Pisani e Cesare Tacchi. Attraverso queste immagini Elisabetta Catalano restituisce la performance estemporanea o creata a tavolino che gli stessi artisti le hanno commissionato.

Nell’area distaccata del MAXXI è stata allestita una mostra dedicata alla produzione di Altan, che con le sue opere a fatto ridere e piangere adulti e bambini.

Altan. Pimpa, Cipputi e altri pensatoriAltan. Pimpa, Cipputi e altri pensatori, questo il titolo della mostra che si concluderà il 13 Aprile, e che ripercorre anni di storia attraverso i disegni, i fumetti e la produzione satirica che Altan ha pubblicato negli anni. Le sue opere sono l’espressione della libertà di pensiero, una libertà che mette in dubbio ogni certezza e fa riflettere sull’ambiente circostante. Una produzione così libera da bavagli e catene che riesce ad essere attuale ancora oggi.

 

La mostra, a cura di Anne Palopoli e Luca Raffaelli, è stata realizzata in coproduzione con Fondazione Solares e Franco Cosimo Panini Editore, a cura di Anne Palopoli e Luca Raffaelli.

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Riuso creativo nell’arte e nell’invettiva di Roberto Molinelli

Roma- In un piccolo e arroccato borgo medievale della provincia romana, Castelnuovo di Porto, presso l’imponente Palazzo Ducale noto anche come Rocca Colonna si svolge in questi giorni una mostra interessante che stuzzica i sensi e la fantasia. Stiamo parlando dell’esposizione dedicata a Roberto Molinelli che racchiude tutte le opere realizzate dall’artista e che prende il titolo di Antologica 1990 – 2019.

Nato a Genova nel 1961, Roberto Molinelli dopo aver concluso gli studi presso il Liceo Artistico avvia la sua carriera come decoratore e scenografo nel settore turistico. Trasferitosi a Roma nel 1986 inizia a specializzarsi negli effetti speciali collaborando con il mondo cinema e della televisione. La svolta arriva nel 2015 grazie alla collaborazione con Makinarium, una delle società più importanti d’Italia nel campo degli effetti speciali e con loro lavora a molti film tra cui Zoolander 2 e il nuovo Ben Hur.

Molti italiani però lo hanno conosciuto grazie ad un lavoro più recente, un film rimasto nelle sale troppo poco ma che ben presto potrà essere visibile nella più nota piattaforma digitale, si tratta di Copperman di Eros Puglielli interpretato da Luca Argentero.

La storia artistica di Molinelli si deve in gran parte al suo amore per il modellismo e alla sua curiosità che durante gli anni di lavoro gli ha permesso di conoscere materiali ed affinare tecniche portandolo a creare un  percorso creativo personale.

Roberto Molinelli non si limita agli effetti speciali, ma spazia verso quell’universo sensoriale ed intellettuale che appartiene al mondo dell’arte.

Le opere di Molinelli sono realizzate con oggetti di varia provenienza e natura (ossa, chiavi, giocattoli, monete e altro ancora) che vengono sapientemente combinati work in progress.

Il lavoro parte da una visione, senza ausilio di schizzi, e segue il suo corso fino ad opera realizzata, lo stesso Molinelli ci ha detto che il suo lavoro è frutto di tanta esperienza e di un forte baglio culturale che con gli anni ha reso ricca e florida la sua immaginazione.

Scorpione di Roberto Molinelli

Appare chiaro da subito quale sia lo spirito della mostra e la personalità dell’artista, infatti varcando la soglia d’ingresso di Rocca Colonna si viene accolti da un enorme scorpione realizzato interamente con materiali di recupero tenuti insieme da mastice e viti filettate ed infine verniciato.

La visita prosegue con una sala dedicata a Copperman dove si può apprezzare il costume di scena, miniature ed altri particolari relativi al personaggio, proseguendo lungo il percorso si giunge in una sala dove sono esposti i simpatici pezzi della serie Asimov Robotic Service e della Archeologia Nautica.

Da questa sala si giunge da una parte in una piccola stanza dove sono esposte delle magnifiche ali bianche a misura d’uomo e delle più piccole ali marroni screziate di rosso in scala 1:10; dall’altra parte si prosegue verso altre due sale dedicate alle Icone, realizzate reinterpretando l’arte bizantina e l’arte sacra in genere attraverso la nobilitazione di oggetti del quotidiano.

Osservando le opere di Molinelli si resta ipnotizzati alla ricerca del più piccolo dettaglio racchiuso in un contesto più grande che trasmette un’immagine significativa, ogni singolo pezzo contribuisce a conferire valore e significato all’opera; se apparentemente sembra di avere davanti oggetti messi a caso, ad uno sguardo più attento si percepisce quanto in realtà l’opera sia perfettamente bilanciata e simmetrica.

Tra le sue opere si annoverano anche i Tecnomorfi (1990-1998) frutto di una combinazione tra archeologia industriale e arte primitiva, Paleomorfi (1998-2000) costituiti da animali fantastici che si presentano come rari esemplari fossili ed infine gli Archeomorfi termine che raccoglie tutto ciò che per stile e significato si discosta dalle altre catalogazioni: maschere, monili, bronzetti equestri e tanto altro ancora.

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La mostra inaugurata lo scorso 15 Dicembre 2019, si sarebbe dovuta concludere il 12 Gennaio scorso, ma da quando detto dall’artista potrà ancora essere visitata il sabato e la domenica fino al 2 Febbraio 2020.

Per informazioni dettagliate ed aggiornamenti potete visitare la pagina Facebook o Istagram di Roberto Molinelli.

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Marco Polo nuovo centro di ricerca internazionale di Cà Foscari

Ci siamo finalmente è nato il nuovo Centro di ricerca internazionale di Cà Foscari, si chiama Marco Polo ed è dedicato al famoso esploratore che per primo descrisse gli usi e costumi dell’Antica Cina.

Il Centro per le connessioni globali Europa-Asia (MaP) è stato inaugurato il 18 Novembre scorso nella sede di Cà Vendramin, lo scopo è favorire la cooperazione scientifica a livello nazionale e internazionale tra Asia, Europa e Mediterraneo, sulle nuove identità religiose e sfide globali legate a processi di migrazione e cambiamenti climatici. 

Grazie al finanziamento del progetto di eccellenza del dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea (DSAAM) è stato possibile creare la struttura presso la quale si organizzeranno convegni, simposi, summer school e altre attività didattiche e di ricerca, rivolte a consolidare il profilo del dipartimento come punta di diamante negli studi asiatici e nordafricani a livello nazionale e internazionale. Insomma il  DSAAM vuole porsi come punto di riferimento per lo studio delle profonde trasformazioni intellettuali, economiche e socio-culturali in atto in Asia e nel mondo mediterraneo, che influenzano sempre più gli equilibri generali nell’era della globalizzazione. 

Sulla scia delle iniziative assunte già nel 2013, verrà dato ampio spazio al tema della Nuova via della Seta (Belt and Road Initiative – BRI) che ha assunto una posizione centrale nell’ambito del dibattito internazionale ed ancora oggi in forte sviluppo da parte del Governo Cinese.

Vista la portata del progetto e degli studi da svolgere il MaP coinvolgerà numerose strutture dipartimentali e di ricerca dell’ Università Cà Foscari , nonchè con varie strutture nazionali ed internazionali, come  l’International Institute of Asian Studies (IIAS, Leiden, Paesi Bassi), ilChinaMed e il To-China.

In cantiere diversi strumenti per la realizzazione degli obbiettivi del MaP:

  •  Summer School internazionali : verrà posta l’attenzione  sui processi storici ed i trends emergenti nella politica, la governance, l’economia e i cambiamenti socio-culturali tra Europa, Asia e Mediterraneo. 

 

  • Marco Polo Lectures : delle letture dedicate che vedranno la partecipazione di studiosi di alto profilo internazionale, accademico e culturale.

 

  • Marco Polo Colloquia : dei dibatti annuali dove studiosi ed esperti di vari paesi si confronteranno sulle questioni più significative delle relazioni Europa/Asia e dei cambiamenti in atto nel continente asiatico e nell’area del Mediterraneo. 

 

  • Seminari, workshop e letture annuali su temi specifici che si svolgeranno spesso anche in collaborazione con studiosi in visita sia nazionali che internazionali. Tra questi si segnala il Progetto “China 70-100” che ha lo scopo di mettere in luce gli aspetti più importanti dello sviluppo della identità moderna in Cina alla luce degli anniversari del “Movimento del Quattro Maggio 1919” e della fondazione della Repubblica Popolare Cinese” (1949) e quello, in programma a fine novembre 2019, su “Brussels Looks East. The Caspian Region and and the New EU Strategy Towards Central Asia”

Per tutte le altre iniziative si invita a visitare il sito accademico

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Valencia ed i suoi tesori

A cinque anni di distanza sono tornata a Valencia, l’occasione era trovare delle amiche che abitano lì e non vedevo da tanto tempo. Per fortuna il tempo e le temperature sono state clementi regalandoci un clima mite e soleggiato.

Qui non vi parlerò di alberghi dove poter alloggiare, ma delle zone e delle strutture da visitare a Valencia.

Situata nella parte sud-orientale della Spagna, Valencia è una delle città più visitate sia per fascino architettonico che culturale, dopo Madrid e Barcellona.

Il periodo ideale per visitare questa città è l’autunno o la primavera, in estate è sconsigliabile a causa delle alte temperature che rendono poco piacevole gli spostamenti in ore diurne.

 

Patatas Bravas
Patatas Bravas a la Malvarrosa

Se proprio non potete fare a meno di viaggiare durante l’estate, avete la possibilità di rifugiarvi nella vicina spiaggia de la Malvarrosa, frequentata dai giovani del luogo e dove avrete la sensazione di passeggiare lungo le spiagge della California. Qui i ragazzi, il 24 Giugno, sono soliti festeggiare la notte di San Giovanni tutti insieme intorno ad un grande falò. Se andate a visitare la Malvarrosa non dimenticate di visitare la Fabrica de Hielo, un ex fabbrica di ghiaccio trasformata in centro culturale ricco di eventi di diverso genere e dove potete sempre trovare tapas y cervezas.

Tramonto ad Albufera
Tramonto ad Albufera

I più romantici invece possono recarsi presso la vicina località di Albufera, una laguna dedicata alla coltivazione di riso, che offre uno spettacolo naturale unico, chi vuole può fare un giro in barca, altrimenti ci si può sedere a bordo laguna e godersi il tramonto. 

Valencia attira l’attenzione non solo dei curiosi, ma anche degli studiosi di architettura; la città infatti è caratterizzata da un miscellaneo di strutture architettoniche, quelle classiche orientali in mattoni che ricordano il colore della sabbia, quelle in stile liberty e gotico, alle più moderne strutture costruite dal discusso architetto Santiago Calatrava per il complesso che va dalla Città delle Arti e della Scienza all’Oceanografico, o quelle di Norman Foster e di David Chipperfield.

Una volta atterrati all’aeroporto di Manises si può agevolmente raggiungere la città con il treno che porta direttamente alla Stazione del Nord, che si trova accanto alla Plaza de Toros dove si svolge la tipica corrida e ad un isolato da piazza dell’Ayuntamiento dove ha sede il palazzo dell’Alcalde (il sindaco della città) e la Posta centrale (Correos).

Piazza dell’Ayuntamento è anche sede della Mascleta, in questa occasione la piazza viene transennata e lungo tutto il suo perimetro viene allestita una lunga fila di fuochi d’artificio che vengono accesi su invito del sindaco, della fallera mayor (la donna designata a capo delle falleras), della fallera infantil (la ragazza designata a capo delle giovani falleras) e la loro corte. Questo evento si ripete ogni giorno alle ore 14 per tutto il mese di marzo. Questo evento è un altro dei motivi per cui è consigliabile visitare questa città durante il periodo primaverile.

Le Fallas sono delle processioni in onore di San Giuseppe che vanno dal 12 al 19 marzo, anche se la preparazione ha inizio a gennaio. Ogni quartiere con i propri costumi tradizionali e i propri colori, si aggrega alla sfilata di carri costruiti per l’occasione con personaggi in carta pesta di varie forme e dimensioni, il programma inoltre prevede numerosi cortei sia a cavallo che a piedi ed è contornata da cori e balli tipici. Alla fine delle Fallas si fa un’enorme pira per bruciare i carri tutti insieme, lo spettacolo è molto suggestivo perché illumina tutta la città a giorno.

Tra Plaza de la Reina e Plaza de la Virgen si trovano molti locali e negozi,  molto frequentato dai giovanissimi è il Montaditos, dove si può scegliere una vasta varietà di piccoli panini con cui accompagnare la propria cerveza,  nei paraggi si trova anche Lizzarran, locale di tradizione basca dove si può scegliere tra una vasta varietà di tapas, ma bisogna saper scegliere bene se non si vuole pagare un conto molto salato.

Per chi ama cenare con Sangria e Paella, consigliabile quella originale Valenciana

Paella valenziana
Paella valenziana

fatta con carne, fagiolini, fave, carciofi, rosmarino e l’immancabile riso, si può gustarla sia da El Rall vicino alla Lonja de la Seda, che da El Cau del Rall nei pressi di Plaza de la Reina. Chi ama i cocktails non può non assaggiare la fresca Aigua de Valencia a base di Cava o champagne, succo d’arancia, vodka e gin, oppure finire il pasto o con la dolce Mistela o con Cazalla.

I più golosi possono fare una sosta al Horchateria e Chocolateria de Santa Catalina, un bar antico e arredato con le tipiche azulejos (le maioliche spagnole). Qui si può scegliere tra i tipici Churros (pasta fritta e zuccherata) accompagnati da una tazza di cioccolato caldo e l’altrettanto tipica Horchata (simile al nostro latte di mandorla) fatto con il chufe, tubero di una pianta tipica della piana valenciana ricca di potassio, fosforo, vitamine E e C, nonché di proteine e grassi vegetali. Questa bevanda, che si serve sia liquida che come granita, viene solitamente accompagnata dai Fartons, dolci morbidi e di forma lunga tipici della città di Valencia.

Il centro di Valencia offre diverse opportunità di visite culturali: la Cattedrale in stile barocco o il campanile del Micalet, bella e suggestiva la Basilica de la Virgen de los Desamparados che possiede un meraviglioso affresco sulla cupola che raffigura l’assunzione di Maria in cielo, mentre nella piazza dell’Almoina dietro la chiesa è possibile vedere le rovine della vecchia città romana con resti monumentali risalenti al 138 a.C. corrispondenti al antico foro e attualmente ricoperti d’acqua.

Il Micalet si trova idealmente in mezzo ad un area delimitata da 2 gruppi di torri storiche che permettevano l’ingresso nella Valencia fortificata. Oggi le mura di delimitazione non esistono più, ma troneggiano ancora le Torres de Serrans, in stile gotico valenzano, il cui nome si deve alla loro posizione, alcuni dicono che prende il nome di Los Serranos, una delle 34 comarche spagnole; altri fanno risalire il nome ad una importante famiglia che abitava in quella zona. Dalla parte opposta si trovano le Torres de Quart, il cui nome si deve al Quart del Poplet nella cui direzione si affacciano, sono situate all’intersezione di due importanti strade: carrer de Quart e carrer de Guillem de Castro.

Molto bella anche la chiesa di Santa Catalina riconoscibile per il suo campanile gotico, questa sorge sulle rovine di una moschea araba e vicina a Plaza Redona dove ogni domenica mattina si svolge il mercato di prodotti della tradizione regionale. Costruito nel Novecento ma vistosamente in stile liberty è il Mercado Central dove ogni giorno si tiene il locale mercato, a pochi metri di distanza si trova la Lonja de la Seda, ovvero l’antica Borsa della seta che fu dichiarato monumento storico artistico Nazionale nel 1931 e patrimonio dell’umanità nel 1996 da parte dell’UNESCO. Dalla fine del XV secolo rappresenta la potenza economica di Valencia e viene tuttora considerato come il più brillante esempio del periodo gotico civile europeo.

Per chi ama la natura è possibile fare tappa presso il Jardi del Turia, esempio di ingegneria idraulica e architettura botanica. Il vecchio fiume di Valencia, il Turia, dopo la violenta inondazione del 1957 venne fatto deviare e al suo posto fu realizzato uno splendido giardino con una zona dedicata ai campi sportivi, un’altra area con giochi per bambini, ed un’altra ancora per potersi godere una semplice passeggiata in mezzo alla macchia mediterranea.

Pont del Mar
Pont del Mar

Il Jardi del Turia è attraversato da 5 ponti tra cui il Pont del Mar, ricostruito nel 1951 dopo l’esondazione del fiume che aveva distrutto la precedente struttura in legno. Dovendo essere ricostruito in pietra, l’architetto Francesc Figuerola incaricato del progetto optò per una struttura orientale; all’epoca il ponte era un passaggio obbligato per chi si dirigeva verso il porto, oggi è stato pedonalizzato. Proseguendo verso la direzione del mare si scopre la parte più moderna della città con il complesso de la Ciudad de las Artes y las Ciencias e il vicino Oceanografic, immenso parco acquatico dove è possibile ammirare ogni specie marina e partecipare allo spettacolo dei delfini. Di questo complesso fa anche parte il nuovo teatro dell’opera, il Palau de les Artes Reina Sofia realizzato nel 2005 a testimoniare l’intenzione della città di imporsi anche come grande centro culturale.

Puerta del Mar
Puerta del Mar

Se invece dal Pont del Mar ci si muove verso il centro della città si arriva alla Puerta del Mar, una riproduzione della vecchia Portal del Real che aveva funzione di controllo ed ingresso alla città, nel 1936 è stata aggiunta una croce per ricordare i caduti della guerra civile. La Puerta del Mar ora indica l’inizio della zona commerciale di Valencia ricca di negozi e di locali di tapas o ristoranti di vario genere.

Sempre al 2005 risale l’ampliamento dell’Istituto Valenciano di Arte Moderna (IVAM), primo museo d’arte moderna a essere inaugurato in Spagna nel 1989. Anche il Museo di Belle Arti è stato ampliato per ospitare più agevolmente le sue preziose collezioni, dalla sfavillante arte religiosa del XIII secolo alla rappresentazione della vita locale degli artisti del XIX secolo. Di notevole importanza sono le numerose opere realizzate da artisti locali conservate in entrambi i musei, un fondamentale supporto per meglio conoscere la città.

Arrivati al porto, sede della 32ª e 33ª edizione dell’America’s Cup, si scoprono i magazzini in stile liberty, il bellissimo edificio dell’orologio, esempio di arte contemporanea, e il più moderno Veles e Vents dell’architetto David Chipperfield, si tratta di diecimila metri quadrati di superficie distribuiti su quattro livelli, una composizione di vari piani orizzontali sovrapposti e sfalsati che crea un alternarsi di luci e ombre consentendo una libera e continua vista sul mare.

Abitata da un popolo molto generoso e festoso sarà facile innamorarsi di questa città e essere inglobati nella famosa movida valenciana.

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Riguardo a Valencia avevo già scritto un articolo, pubblicato per il quotidiano online per il quale scrivevo all’epoca del primo viaggio, per vedere le differenze potete leggerlo su Futuro-Europa.

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La Giostra delle anime. Un viaggio tra storia e magia

Roma- Feltrinelli, Appia Nuova, sono le ore 18 il pubblico aspetta impaziente che i giornalisti liberino Francesca Barra e Claudio Santamaria per assistere alla presentazione del primo libro scritto dalla coppia: La Giostra delle anime.

Finalmente gli autori entrano e la presentazione ha inizio.

La relatrice introduce subito gli autori che spiegano la genesi del romanzo, tutto parte da un viaggio di lavoro di Francesca Barra presso un vinificatore in Basilicata, Gerardo Giuda Trabocchetti, che le ha mostrato una fotografia della sua famiglia. Qui erano raffigurate due bambine vestite di bianco attorniate da alcuni parenti vestiti di nero, la tradizione voleva che chi aveva contratto una malattia e stava per morire vestisse di nero mentre le persone sane di bianco. Da qui l’idea di scrivere un libro ambientato nella loro terra di origine, la Basilicata (in passato Lucania).

Portare alla luce il libro, raccontano gli autori, è stata un’esperienza che li ha uniti molto, ma anche difficile perché hanno dovuto incastrare i loro impegni, calcolare le scadenze, e sopratutto Francesca Barra spesso ha dovuto seguire il marito Claudio sui set dove lavorava per carpire le sue idee sulla stesura del romanzo. Per entrambi, questo romanzo, si è rivelato un esercizio coinvolgente e di crescita sia personale che come coppia, questo ha permesso loro di darsi ulteriori compiti quasi come si fa nei confronti di un figlio (la coppia ha 4 figli, 3 avuti da Francesca Barra con il precedente compagno Marcello Molfino, ed una avuta da Claudio Santamaria con Delfina Deletrez Fendi). Diversamente dalla moglie, Claudio Santamaria si è dovuto cimentare per la prima volta nella scrittura di un romanzo ed il primo reale impegno è stato trovare un metodo per poter lavorare alla stesura del romanzo, che necessita di uno stile narrativo differente da quello a cui lui è abituato e che è più vicino al teatro.

Il romanzo racconta la storia di due gemelline, Eva e Anna, che rimaste orfane  vengono accolte in orfanotrofio e crescono con caratteri e caratteristiche diverse che le porteranno a vivere esperienze uniche e differenti l’una dall’altra, ma sempre legate alla loro terra.

La storia che i due autori hanno costruito si sviluppa come una tela di ragno tra fatti realmente accaduti, come le esperienze dei bambini vissuti in orfanotrofio, tra i quali quelli di Aguscello in provincia di Ferrara, un ospedale psichiatrico per minori ormai in disuso, devastato da un incendio ed attorno al quale si svilupparono una serie di leggende macabre, legate sia a ciò che succedeva dentro l’orfanotrofio sia a fenomeni di natura occulta.

La presentazione prosegue intervallata dalla lettura di passi del romanzo da parte di Claudio Santamaria, particolari del libro che generano curiosità e attirano sempre più verso la lettura, grazie a questo si percepisce il ritmo della storia, ma emerge uno stile a metà strada tra la scrittura di un romanziere esperto, in questo caso Francesca Barra, e la visione di chi invece ha familiarità con i tempi e la narrazione teatrale, ovvero Claudio Santamaria.

Francesca Barra, ci tiene molto a sottolineare che le storie sviluppate nel romanzo, relative alla vita dei bambini dentro l’orfanotrofio, sono legate a storie realmente vissute; i due autori infatti, durante le loro ricerche si sono imbattuti in un forum di persone che raccontavano le loro esperienze in orfanotrofio. La volontà di inserirle nella narrazione, spiega ancora Francesca Barra, nasce dal desiderio di dare una nuova dignità a queste persone, ma anche per portare alla luce delle storie che purtroppo sono sempre passate in secondo piano o addirittura non trattate affatto, come se in Italia non fossero mai esistite.

La vita delle gemelline è fortemente legata alla terra che da bambine le aveva protette e nutrite, subito dopo la morte della madre prima di essere portate in orfanotrofio.  Anche se le diverse esperienze porteranno le sorelle a separarsi, la vita le riavvicinerà alla nascita della nipotina Angelica. Una ragazza particolare che crescendo si troverà a convivere con la consapevolezza di avere gli stessi poteri della nonna e le problematiche tipiche degli adolescenti. Qui i due autori, forti dell’esperienza di genitori, introducono il difficile tema del bullismo, che purtroppo oggi è molto diffuso nelle scuole si espande a macchia d’olio anche attraverso l’uso di internet e dei social media.

La presentazione si conclude con un’ultima lettura di Claudio Santamaria, un passo che riguarda il battesimo della nipotina delle gemelle, la piccola Angelica, che ci porta nel mondo dei rituali legati alla terra ed al passato in cui affondano le radici della famiglia di Angelica.

Le ultime ore sono state dedicate alle domande del pubblico, con le quali hanno voluto soddisfare la loro curiosità sul libro, e il firma copia con foto di rito.

Qui il video completo della presentazione.

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Il Realismo Visionario di Esionov

Roma- Lo scorso 26 Settembre è stata inaugurata una interessante mostra di acquerelli presso i Musei di San Salvatore in Lauro, si tratta delle opere dell’artista russo Andrey Esionov.

Realismo Visionario. Gli acquerelli di Andrey Esionov, questo il titolo della mostra che si concluderà il 25 Gennaio 2020, ospita quasi 100 opere, tra acquerelli e disegni,  provenienti dallo studio del maestro dell’arte figurativa russa contemporanea e membro dell’Accademia Russa di Belle Arti.

Grazie alla direzione del curatore Marco Di Capua, le opere sono state inserite in un percorso in grado di stimolare anche l’olfatto, lungo il percorso espositivo infatti sono stati inseriti dei contenitori di fragranze, realizzate appositamente da Laura Bosetti Tonatto, per completare la realtà pittorica delle tele.

Il percorso si apre con una serie di acquerelli realizzati dall’artista sulla base di atti di vita sociale che catturano l’attenzione dell’artista e per questo riportati su tela, man mano che si avanza lungo il percorso le opere iniziano ad acquistare particolari che si scostano dalla realtà ma che rappresentano la percezione che Esionov intende comunicare, fino a raggiungere il culmine nella realizzazione di opere che si contraddistinguono per questo realismo visionario che da il nome alla mostra.

Prima di raggiungere l’ultima sala si accede ad una sorta di mezzanino dove viene proietto un video che ritrae il maestro Andrey Esionov nel suo studio intento a realizzare i suoi quadri. Questo video cerca di avvicinare il pubblico alla particolare tecnica utilizzata dall’autore, egli è solito realizzare dei disegni di ciò che cattura la sua attenzione, nel momento di realizzare l’acquarello riporta il disegno precedentemente realizzato su tela rispettando così non solo le dimensioni ma anche l’idea originaria che ha richiamato la sua attenzione verso quel particolare soggetto. 

L’acquerello viene dunque realizzato partendo prima dai particolari più grandi, quindi dallo sfondo, per poi raggiungere i più piccoli dettagli, tale tecnica riportata nel video accompagnata dai gesti quotidiani dell’artista e dalle pause date dai tempi di asciugatura, cattura l’attenzione dello spettatore divenendo quasi ipnotica. 

L’artista vive e lavora a Mosca, le sue opere oltre ad aver ricevuto numerosi riconoscimenti  sono ospitate in prestigiose raccolte tra cui Mosca (Moscow Museum of Modern Art), San Pietroburgo (Museo di Stato Russo), Firenze (Accademia delle Arti del Disegno), Kazan (Museo Statale di Belle Arti della Repubblica del Tatarstan), TaŠkent (Museo delle Arti dell’Uzbekistan).

L’artista è giunto all’apice della notorietà per i ritratti, olio su tela, di vari intellettuali russi, tra i quali ricordiamo lo scrittore Vladimir Voinovich, i registi cinematografici Petr Todorovsky ed Eldar Ryazanov, il campione mondiale di scacchi Anatoly Karpov, il presidente dell’URSS Michail Gorbaciov. Ma la passione dell’artista resta l’acquerello, la cui reinterpretazione apportata da Esionov lo ha reso qualcosa di straordinario ed al di fuori della semplice riproduzione del quotidiano.

La padronanza della tecnica dell’acquerello acquisita da Esionov, testimonia il percorso artistico da lui intrapreso; nonostante la pausa di 20 anni dalla carriera artistica, lasciata per dedicarsi all’imprenditoria, il suo ritorno sulle scene artistiche nel 2010 non è stato un salto nel vuoto, ma una ulteriore conferma delle sue abilità.

Questo ritorno, che come afferma l’artista ha significato un “riprendere a respirare”, è stata anche occasione per rielaborare le numerose esperienze visive e strutture compositive accumulate per poi essere impresse su tela.

Dalle sue opere emerge un uomo che ama viaggiare, una persona che oltre ad essere un ottimo osservatore di quelli che sono i protagonisti del suo mondo, è anche attento ai mutamenti sociali che lo circondano: dal turismo di massa, proprio della classe più agiata, ai flussi migratori, che di contro caratterizza la parte più povera della popolazione.

Questa esposizione dunque testimonia le contraddizioni dell’umanità in relazione costante con il proprio “io”, la propria coscienza, ancora prevalentemente concentrata sul consumo o sulla bramosia di consumo.

Questa di Roma è la seconda tappa di un ciclo di personali dedicate alla divulgazione in Italia dell’opera di Esionov, la prima si è svolta a Firenze dal 5 Marzo al 28 Aprile 2019, mentre le prossime tappe sono Milano e Venezia.

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La mostra è organizzata dai musei di San Salvatore in Lauro in collaborazione con l’Accademia Russa di Belle Arti e promossa da MiBACT, Regione Lazio e Roma Capitale.

Il catalogo, edito dalla casa editrice Il Cigno GG Edizioni, reca i contributi critici del curatore della mostra Marco Di Capua e recensioni scritte dagli storici dell’arte Tomaso Montanari, Alexander Rožin e Victoria Noel-Johnson.

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Un anno di Culturaalvento

Un anno è appena trascorso.

Quando ho iniziato questa avventura, mi avete conosciuta attraverso le parole spese per descrivere: luoghi, eventi, libri e mostre.

Questi argomenti continueranno ad essere al centro del mio operato, con lo stesso impegno e passione con cui li ho affrontati finora.

Può darsi però che lungo il cammino possa sopraggiungere una piccola novità, un progetto che ho in mente e che potrebbe vedere la luce nei prossimi mesi.

Per ora grazie per la fedeltà e la fiducia.

E buon compleanno anche voi, che con il vostro tempo è il vostro passaparola contribuite a fare grande questo blog.

Grazie

Francesca Colica

Redattrice e proprietaria di Culturaalvento.com

Chagall. Sogno e magia

Bologna-La sede espositiva in stile rinascimentale di Palazzo Albergati , da oggi 20 Settembre 2019 fino al 1 Marzo 2020, ospiterà la mostra Chagall. Sogno e Magia curata da Dolores Duràn Úcar.

L’esposizione dedicata al grande artista russo racconta il mondo intriso di stupore e meraviglia di Chagall attraverso più di 160 opere nelle quali coesistono ricordi d’infanzia, fiabe, poesia, religione ed esodo riproducendo un immaginario onirico in cui è difficile discernere il confine tra realtà e sogno.

I temi cari a Chagall sono racchiusi in cinque sezioni della mostra. Il punto di partenza è il rapporto dell’artista con i ricordi della propria infanzia e la fascinazione del mondo circense, “Per me il circo è uno spettacolo magico- riflette Chagall- che passa e scompare come un mondo”.

La sezione successiva approfondisce la liaison con un prolungato riflesso della sua infanzia: il mondo delle favole, che Chagall illustra dando una forma visiva alle parole di La Fontaine e cogliendo l’ironia e la fantasia che le rendono uniche. Si prosegue la visita addentrandosi nella rappresentazione del rapporto dell’artista con la Bibbia.

L’insieme di litografie e gouache (tipo di colore a tempera reso più pesante e opaco con l’aggiunta di un pigmento bianco mescolato con la gomma arabica) in mostra all’interno della sezione risalgono agli anni ‘70 e ‘80 e testimoniano i vissuti di sradicamento dell’artista secondo il quale l’esodo biblico è l’allegoria della persecuzione degli ebrei.Russian village

La quarta sezione evoca l’infanzia di Chagall. Il legame con l’arte popolare evidenzia il suo stretto rapporto con la tradizione russa. Visto che nei quadri dell’artista tutto è possibile, in Villaggio Russo una slitta trainata da un vitello sorvola le case ed il cielo plumbeo contribuisce all’atmosfera dell’opera.

Le Coq Violet

 

Con la quinta sezione si celebra l’amore come unione spirituale di due anime. Si scorgono nelle tele amanti e innamorati. In Le Coq violet compare nuovamente il circo. Amore e fiori sono sempre insieme nelle immagini che evocano il paradiso. “L’arte è lo sforzo incessante di competere con la bellezza dei fiori…senza mai riuscire a vincere” scrive Chagall.

 

L’impatto delle opere, dalle quali trasuda l’anelito ad una dimensione che trascende l’hic et nunc, è integrato da una suggestiva proiezione olografica ideata da Display Expert assieme ad Arthemisia. Il risultato è la Dream Room: un’esperienza artistica originale ed immersiva che esce dagli schemi della rappresentazione bidimensionale, cercando di simulare l’idea dell’artista durante la creazione attraverso visualizzazioni realistiche in 3D.

La mostra offre inoltre un progetto didattico con visita per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Per la scuola dell’infanzia e primaria oltre alla visita è stato allestito il laboratorio Finestre sull’arte.

Numerosi sono gli sponsor dell’esposizione prodotta ed organizzata da Arthemisia: da Generali al Charity Partner Komen, allo Special Partner Ricola.

Il media coverage è di Sky Arte.

La mostra è aperta al pubblico tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00.

Maggiori informazioni su tariffe e aperture straordinarie possono essere rintracciate sul sito di Palazzo Albergati.

L’articolo è stato redatto da Francesca Serrao presente per Culturaalvento alla presentazione del 19 Settembre che si è tenuta presso Palazzo Albergati.

 

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Lago di Bolsena e dintorni

Durante le belle giornate che ancora regala l’autunno, sbalzi da inquinamento a parte, ci si può ancora concedere il piacer di effettuare delle escursioni al di fuori della propria città.

La meta questa volta è il Lago di Bolsena, un posto inaspettato circondato da numerosi paesi ricchi di storia, dislocati sia sul crinale dei monti Volsini, tra cui Montefiscone, dai cui si può godere una spettacolare vista sull’intero lago, sia sulle rive come: Capodimonte; Bolsena, che ha dato il nome al lago; Marta, principale e attivo porto dei pescatori; Valentano, con il suo ampio panorama dominante la conca del lago; Gradoli, su uno sperone di tufo dentro il recinto craterico; Grotte di Castro, con la sua struttura medioevale; San Lorenzo Nuovo, conosciuto per la pianta urbanistica tipica del Settecento.

Si parte con la visita di Montefiascone che si trova a 590 metri sul livello del mare, è uno dei colli più alto dei Monti Volsini e domina la sponda sudorientale del lago di Bolsena. Il borgo è stato edificato in epoca medievale, entrò a far parte dei domini della Chiesa nel VIII secolo, divenendo un importante centro politico economico.

Chiesa di S FlavianoLa chiesa che attira più attenzioni è sicuramente quella di S. Flaviano, eretta tra XI e XII secolo, si contraddistingue per la sua particolare struttura a due piani sovrapposti, la parte inferiore, di origine incerta, fu edificata sulle rovine di un precedente tempio, fu poi ricostruita nel 1032, a seguito delle incursioni barbariche, la parte superiore è composta da tre navate, come quella inferiore, ed ha ingresso separato. Questa chiesa fu molto importate perché situata sulla rotta del commercio, ha da sempre attirato l’attenzione di viandanti e sopratutto della Chiesa, infatti qui sono state inumate nel 1113 le spoglie del vescovo tedesco Johannes Defuk.

Dopo aver assistito all’incoronazione di Enrico V ad imperatore del Sacro Romano Impero per mano di Papa Pasquale II,  durante il viaggio di ritorno da Roma il vescovo si era fermato a Montefiascone attirato dal vino locale, noto ancora oggi come Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, e qui rimase. Alla sua morte il fedele servo ne curò la sepoltura facendo incidere sulla lapide di peperino grigio, l’iscrizione in latino: «Est est est pr nim est hic Jo De Fuk do meus mortuus est» (Est est est propter nimium est hic Johannes De Fuk dominus meus mortuus est) ovvero “Per il troppo EST! qui giace morto il mio signore Johannes Defuk”. Ancora oggi in occasione in occasione della rievocazione storica del vino EST EST EST si ha l’usanza di sparger alcune gocce sulla tomba del vescovo.

Difficile stabili con esattezza quali siano le origini del Montefiascone, si sa che era il colle dove sorgeva il “Fanum Voltumnae”, luogo sacro dove i Lucumoni delle dodici città etrusche confederate si riunivano. Per alcuni studiosi il nome deriva da mons faliscum, in quanto i Falisci si erano stabiliti nella zona dopo la distruzione perpetrata dai Romani ai danni delle loro città. Ma la zona iniziò ad essere abitata solo dopo le invasioni barbariche, quando gli abitanti preferirono le zone alte in grado di dominare le valli e avvistare eventuali minacce.  Alla fine del primo secolo, così come per Viterbo e altre zone, anche Montefiascone entrò a far parte dei possedimenti della Chiesa.

Grazie alla posizione privilegiata, fu sempre oggetto di contese, fortificato e nel 1207 posto a difesa delle terre di proprietà di Innocenzo III, quando la Chiesa stava valutando di rientrare in Italia dal suo esilio ad Avignone, nel 1353 fu inviato il cardinale Albornoz, con il compito di riaffermare l’autorità della Chiesa e trasformò il Castello della Rocca (noto oggi come Rocca dei Papi) nella centrale operativa più temibile dell’esercito Pontificio. Fu Papa Urbano V, nel 13569, a conferire a Montefiascone il rango di Città dotandola di diocesi; successivamente il porgo conobbe un breve periodo di declino che terminò nel 1600,  grazie alla lungimiranza del cardinale Marco Antonio Barbarigo che la riportò agli antichi splendori.

Dai giardini della Rocca dei Papi si staglia un panorama incredibilmente spettacolare su tutta la Tuscia, dai Monti Cimini e dalla Tolfa, al monte Amiata e al monte Argentario, da Viterbo e dalla Conca d’oro di Montefiascone, una  valle ricca di appezzamenti coltivati, allo splendore del Lago di Bolsena con le sue isole.

Chiesa di S MargheritaMontefiascone è un borgo ricco di monumenti visitabili, oltre a quelli già accennati, si ricorda il Duomo noto come Cattedrale di Santa Margherita, iniziata nel 1519 e ultimata a termine nel Seicento, la cui imponente cupola è seconda per dimensioni solo a quella di S. Pietro in Roma.

La chiesa romanica di Sant’Andrea, edificata nel secolo XI, si nota per la sua semplicità. Quanto entrate al vecchio borgo alzate lo sguardo e soffermatevi sulla Porta Aldrovandi, passaggio obbligato, e sul Palazzo comunale.

I mesi estivi, sopratutto Agosto, sono ricchi di sagre ed eventi eno-gastronomici come l’importante Fiera del vino dove si  espone e commerciano i migliori prodotti di tutto il territorio, tra cui il locale “Est! Est! Est!”, l’Aleatico di Gradoli o la Cannaiola di Marta.

La Fiera fa da apripista a varie altre manifestazioni, come  In Cantina con Defuk, percorso eno-gastronomico nelle vecchie cantine, spettacoli e concerti serali all’aperto, e   il Corteo Storico che rievoca la leggenda del vino Est!Est!!Est!!!.

Il Lago di Bolsena si trova nel alto Lazio, al confine con Umbria e Toscana, rientra nel complesso vulcanico Vulsinio ed è quinto per dimensioni in Italia. Da Capodimonte, il piccolo centro abitato che domina le sponde del lago è possibile effettuare una visita guidate a bordo di un battello, da qui si possono facilmente ammirare sia l’Isola Bisentina dove sono ospitate numerose chiese ormai sconsacrate e l’Isola Martana, famosa per essere stata la dimora della Regina Amalasunta.

Isola BisentinaL’isola Bisentina è caratterizzata da una natura quasi incontaminata, tra i folti ed antichi boschi di leccio (pianta autoctona) si possono scorgere i numerosi monumenti tra cui la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo del Vignola che risalta per la sua imponente cupola; il convento Francescano; il tempietto di Santa Caterina, conosciuto come la Rocchina, caratterizzato dalla pianta ottagonale del Sangallo e costruita su un colombario etrusco eretto su uno sperone di roccia a picco sul lago.

La nota cappella del Crocifisso che al suo interno custodisce affreschi del ‘400 ed infine la cosiddetta orribile Malta dei Papi, il carcere a vita per ecclesiastici colpevoli d’eresia, la cui strutture si limita ad una buia e piccola cella sita nel interno di una collina, il cui unico punto di luce arriva da piccola botola sita a 20 metri d’altezza. Il battello permette di vedere anche il lato Ovest, il Monte Tabor a Nord, gli strapiombi rocciosi ad Est e il verdeggiante lato meridionale.

Per quanto riguarda la cronistoria dell’isola, poche sono le tracce lasciate da etruschi e romani, ma i monumenti presenti sono la prova di precedente attività urbana; a partire dal IX secolo infatti le popolazioni iniziarono a rifugiarsi qui per scampare alle incursioni saracene, mentre verso la metà del 1200 il sito divenne proprietà dei signori di Bisenzio, che a causa di incomprensioni con gli isolani la abbandonarono dopo avergli dato fuoco.

Fu Papa Urbano IV a riconquistare l’isola nel 1261, ma purtroppo fu nuovamente distrutta nel 1333 da Ludovico il Bavaro, accusato d’eresia e scomunicato dal Papa. Nel 1400 sotto la proprietà dei Farnese conobbe un periodo di grande prosperità e visitata da numerosi Papi; successivamente nel 1635 durante il governatorato del duca di Castro, Odoardo Farnese, il quale determino la completa distruzione di Castro a seguito dell’inasprimento dei rapporti con la chiesa.

Dopo questo ultimo triste capitolo della storia, l’Isola Bisentina e l’isola Martana tornarono di proprietà della chiesa, per poi essere cedute a proprietà private.

MartanaPer quanto riguarda l’Isola Martana, che affaccia di fronte al abitato di Marta ad una distanza di circa 2 km, ha una caratteristica forma a mezza luna dovuta allo sprofondamento nel lago dell’altra metà del cratere vulcanico. La parte Nord dell’isola è caratterizzata da una ripida parete a strapiombo sul lago, invece la parete Sud essendo meno scoscesa favorisce la crescita di lecci ed ulivi.

Due sono gli episodi della della tradizione popolare che contraddistinguono l’isola, una vuole che nel 410 d.C. vi fossero nascoste le spoglie di Santa Caterina per sottrarle alle invasioni barbariche, l’altra invece si svolge durante il dominio dei Goti, qui venne segregata ed uccisa la regina Amalasunta per mano di un sicario ingaggiato dal di lei cugino e consorte Teodato per avidità e potere.  I primi cenni storici dell’isola Martana risalgono ad una bolla papale del 852 d.C. in riferimento al convento di S. Stefano, ivi costruito. Questo convento ha ospitato vari ordini di monaci: i Benedettini, gli Agostiniani e i Paolotti, ma già nel 1459, era ormai deserto.

Nel IX secolo la popolazione che si era qui rifugiata creo un comune dipendente, ma nel 1254 a seguito della nomina a podestà del conte Guittone di Bisenzio, la popolazione che non lo gradiva in poco tempo iniziò ad abbandonare l’isola, da qui in poi le sorti dell’sola Martana seguono quelle della vicina isola Bisentina. L’isola ora appartiene ad una società elettrica che la gestisce e controlla gli sbarchi sull’isola. 

Capodimonte, che come detto sorge sulle rive del lago, fa parte del comune dell’Isola Bisentina e si contraddistingue per il ricco turismo degli appassionati del lago. Si trova a m 334 sul livello del mare ed è distante 25 km a Nord-Ovest da Viterbo.Capodimonte

Lo sguardo viene subito catturato dall’imponente Rocca Farnese, che con la sua pianta ottagonale rappresenta il monumento più importante. La cittadina ha un attrezzato porto per barche a vela e a motore ed una spiaggia sempre affollata, questo ed un territorio ricco di storia la rendono una meta del turismo estivo.
La sua morfologia si deve all’intensa attività vulcanica della catena vulsinea, che cessò durante l’era quaternaria antica, il paesaggio è prevalentemente formato da colline che arrivano ad un massimo di 150 m dal livello del lago.

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