Pasqua 2020

Quando si pensa alla Pasqua, si pensa spesso al momento della convivialità dello stare insieme in un giorno di festa.

Questa Pasqua 2020 la ricorderemo tutti a causa delle nuove abitudini acquisite per mantenere il distanziamento sociale, per proteggerci dal contagio del Covid-19 e sopratutto per proteggere i più fragili.

La ricorderemo anche perché inevitabilmente ci ha costretti tutti a meditare su ogni singolo momento della nostra vita.

Forse questa Pasqua sarà una resurrezione per tutti noi.

Vi auguro salute, serenità, e prosperità.

Buona Pasqua

Ventinovesimo giorno di quarantena

Come sempre mi sveglio piano, con cautela scendo dal letto ed a tentoni cerco la vestaglia. Esco piano dalla stanza per non svegliarlo.

Entro nella camera dei ragazzi per vedere che stiano dormendo tranquilli ed ammirare il mio orgoglio, forse l’unico della mia vita. Non sono mai stata brava in nulla, lui non fa altro che ripeterlo da quando ci siamo sposati.

Fino ad un mese fa pensavo avesse ragione, ma ieri ho smesso di credergli per sempre.

Quando ho avuto l’ultimo figlio ho lasciato il lavoro,  non riuscivo a stare dietro a tutto; gli amici hanno smesso di chiamarmi, quando hanno visto che non uscivo più per stare con mio marito e i bambini. Mi sono rimasti vicini solo Lina ed Enrico, che ancora mi chiamano per sapere come sto, sopratutto quando lui è a lavoro, geloso com’è se sente che qualcuno mi chiama si innervosisce e mi riempie di botte.

Ricordo la prima volta che lo ha fatto, ero andata a prendere i ragazzi ad una festa di compleanno di un loro compagno di scuola, erano le 21 quando siamo arrivati a casa. Lui ha sbraitato perché la cena non era pronta: “una moglie deve pensare prima al marito e poi ai figli, diceva. Tu hai visto qualcun altro con la scusa dei ragazzi.” Io gli ho spiegato che non era così avevo solo ringraziato i genitori di Giuseppe per l’invito e chiesto come era stata la festa. Ma lui niente, non si è fidato. Mi ha lanciato un man rovescio che mi ha fatto sbattere contro il frigorifero.

Il giorno dopo, mi ha chiesto scusa, ha detto che era stanco e non ragionava. Ma dopo quel giorno sono arrivate altre botte, le motivazioni erano sempre le più futili. Mi dicevo che forse ero io che non sapevo come rispondere per non irritarlo. Così dopo aver ridotto le uscite all’osso, ho provato a non rispondere più e mi rendo invisibile il più possibile.

Ma come può un uomo che per sei anni ti ha trattato con i guanti di velluto, coccolato e rispettato in tutto, cambiare così dal giorno alla notte?

Persino quando invitava i suoi amici a casa per le partite si chiudeva nel salotto e evitava che loro mi potessero vedere. Mi intimava di rimanere in camera dei ragazzi, quando i suoi amici suonavano il campanello li faceva entrare in salotto, dove io gli avevo sistemato le birre e i panini da mangiare con loro, e poi si chiudeva la porta dietro.

I ragazzi  vedevo che avevano un’aria sempre più triste, i loro occhi non erano più quelli luminosi e pieni di vita che i ragazzi della loro età hanno, almeno che io ricordi debbano avere. Io ho sempre cercato di tranquillizzarli, spiegavo che il loro padre era molto stressato, che arriva stanco la sera a causa del suo lavoro difficile e pieno di responsabilità. Poteva capitare che perdesse la pazienza. Ma vedevo nei loro sguardi permanere tanta tristezza e preoccupazione.

Un giorno mi chiamano da scuola, mi devono parlare dei ragazzi, penso sia successo qualcosa, mi precipito così in fretta che dimentico di coprire il collo con un foulard. Mi rendo conto della cosa solo a scuola, quando vedo che gli occhi della preside sono fissi sul mio collo, allora in lei vedo lo stesso sguardo triste dei miei figli. Cerco di spiegarle che il livido che vede me lo sono procurato con la mia borsa che era rimasta chiusa nella portiera della macchina e tirando la tracolla mi ha procurato quel brutto livido.

Ma lei, dopo avermi ascoltata, mi ha detto che Pietro e Alessandro avevano parlato con la loro maestra per sapere perché lo stress da lavoro porta gli uomini a picchiare le donne. La maestra così ha cercato insieme allo psicologo d’istituto di approfondire, per capire le loro domande da cosa fossero mosse. E loro hanno detto che il loro papà spesso quando tornava dal lavoro urlava con la loro mamma e la picchiava, hanno detto anche che io dicevo sempre che il loro papà faceva così perché era stanco e stressato dal lavoro.

Oddio, adesso come faccio, come spiego che tutto questo è solo colpa mia, che sono maldestra ed inetta. Mentre io penso a come giustificare tutto, la preside mi parla di un centro antiviolenza che si occupa di donne vittime di abusi in famiglia, mi da anche i numeri, tutte le indicazioni per contattarli e dei programmi che hanno. Mi dice che il primo passo spetta solo a me, devo mettermi in contatto con loro e poi una volta al sicuro mi aiuteranno a denunciare il responsabile degli abusi.

Vittima, abusi, violenza domestica, quando sento queste parole mi sembra di stare  dentro un’enorme bolla di sapone sospesa nell’aria, così mi sorprendo a dire, contro ogni logica, che i ragazzi hanno molta fantasia, con tutta la televisione che vedono avranno sicuramente frainteso. Lei mi guarda con lo sguardo di chi ha capito tutto e mi dice solo una cosa: “Pensi al benessere dei suoi figli, se un giorno lei non gli bastasse più e dovesse prendere di mira loro?”

A quel punto la bolla di sapone si è rotta e sono precipitata nella realtà, i miei figli, la mia gioia, loro non dovrà mai toccarli. Scoppio a piangere e lei mi abbraccia, così io racconto tutto, del fidanzamento prima e delle botte poi, di come tutto sia cambiato all’improvviso. ”Perché è cambiato così?”- le chiedo – “C’è un modo per aiutarlo?” nonostante tutto ho ancora l’assurda speranza di poter salvare qualche cosa di lui.

Lei mi guadra e mi dice che adesso è arrivato il momento di aiutare me stessa ed i ragazzi, loro hanno il diritto a vivere una infanzia serena ed io di ritrovare la mia dignità e la mia libertà. Mi riprendo e mi congedo con la promessa che avrei contattato il centro e cercato di porre fine a questo incubo.

Era il 6 Marzo, poi è iniziato il lockdown a causa del coronavirus.

Da allora sono passati 29 giorni. L’incubo non è ancora finito, ora lui lavora in smartworking. Con lui sempre a casa, Lina ed Enrico non si fanno più sentire per non crearmi problemi. Quanto mi manca il loro supporto.

Nonostante mio marito ora sia sempre a casa, il suo comportamento non è cambiato.

Ieri si è arrabbiato con Pietro perché non gli aveva sgombrato il tavolo da lavoro dai suoi libri. Gli ha quasi messo le mani ha dosso, ma io per fortuna sono riuscita ad intercettare il braccio, Così la sua furia si è scatenata su di me.

Quando ripenso a ieri, a Pietro terrorizzato e Alessandro con lo sguardo smarrito, mi sento morire. Non ci ho visto più, ho deciso di liberarci.

Adesso sono in bagno con il mio telefono che chiedo aiuto al centro. Stanno arrivando con la polizia per portarci lontano da quello che non è più un essere umano, ma un mostro informe.

Mi chiamo Simona ed ho scelto di ricominciare a vivere.

Questa è una storia di fantasia, ma in questo momento così delicato e difficile che costringe tutti a casa in quarantena, molte donne vivono questo stesso incubo quotidianamente, alcune chiuse in casa con il loro aguzzino. Solo poche hanno la fortuna di essere salvate come Simona.

In questo periodo i centri antiviolenza, le case rifugio e le femministe Non una di meno sono sempre attivi per sostenere le donne in pericolo.

Sono continui gli appelli che ricordando il numero gratuito 1522 del servizio pubblico della Presidenze del Consiglio-Dipartimento Pari Opportunità, attivo 24 ore su 24, oppure in chat, per non essere scoperte.

La campagna ministeriale è portata avanti dalla ministra alle Pari Opportunità e alla Famiglia Elena Bonetti alla quale hanno subito aderito molti artisti, tra i quali ricordiamo: Fiorella Mannoia, Paola Turci, Ornella Vanoni, Giuliano Sangiorgi, Francesca Michielin, Paola Cortellesi, ma sono veramente in tanti a dare il loro supporto.

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Questo è l’appello dei medici e non che hanno a cuore la salute dei Calabresi.

Ricevo e pubblico quanto segue.

Al Dipartimento tutela della salute

Al commissario ad acta

Al Commissario straordinario AOPC e Mater Domini

Al Prefetto di Catanzaro

Esponenti della comunità medica professionale e osservatori esterni attenti alle vicende sanitarie sottoscrivono questo documento sull’emergenza determinata dalla infezione da Covid-19   nella nostra regione. 

A fronte di inutili tavoli regionali che vedono ricomparire “vecchi soloni” che hanno contribuito allo sfascio del sistema sanitario regionale ci permettiamo di avanzare qualche concreta proposta per la città di Catanzaro e per l’intera Calabria.

Il dipartimento alla salute propone la riattivazione di posti letto in ospedali quali Rogliano, Tropea, Melito, Paola, Gioia Tauro. 

E’ questa la scelta migliore ?

Pensiamo che la criticità della situazione richieda la responsabile mobilitazione delle migliori risorse umane e strutturali.

Non è forse la nostra città dotata di un policlinico universitario strutturalmente moderno che concentra valide professionalità?

In questa grave emergenza avremmo piacere che venissero proposte operative anche dal mondo accademico. 

La regione Lombardia aveva pensato di attivare 500 posti letti dedicati alla cura dei pazienti con Covid-19 presso la fiera di Milano e Bergamo ha dovuto riattivare a degenza la vecchia lavanderia. 

Possiamo prevedere una attivazione di un numero consistente di posti letto presso il Policlinico Mater Domini? 

Si tratterebbe di attrezzare immediatamente, con livelli differente di intensità,  gli enormi spazi disponibili al Policlinico universitario ( si tratta di oltre 300 posti letto!) per non parlare di una seconda unità coronarica e di una seconda Rianimazione mai attivate.

Sono spazi che possono, ove fosse necessario accogliere tutti i casi calabresi assicurando a tutti il miglior trattamento tramite una task force integrata delle due Aziende con infettivologi, virologi, pneumologi e rianimatori senza sovraccaricare gli spazi ormai angusti dell’ospedale Pugliese ma utilizzandone le pfrofessionalità.

La Calabria è una regione commissariata per quanto riguarda la sanità chiediamo che in questa fase di criticità si affronti l’emergenza integrando, finalmente, il sistema accademico nella rete della sanità regionale.

Questo è l’appello dei medici e non che hanno a cuore la salute dei Calabresi.

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Io resto a casa

Ormai il dado è tratto.

Vista l’aggressività del virus e la sua facilità di propagazione, il Consiglio dei Ministri ha esteso la quarantena a tutta l’Italia. Le merci viaggiano ancora e molte attività lavorative con le dovute precauzioni continuano.

Dobbiamo fare la nostra parte, e restare il più possibile a casa per non aggravare la situazione. Sono giorni questi di coraggio, gli operatori sanitari, i medici e tutti gli ospedali stanno dando il massimo per fronteggiare questa emergenza. Tante sono le dimostrazioni di solidarietà e le raccolte fondi create per sopperire alle risorse limitate ed in esaurimento.

Fioccano i video dei personaggi del mondo dello spettacolo, che incoraggiano a stare a casa, riscoprire la famiglia e ciò che si può fare insieme stando a casa. E di cose c’è ne sono veramente tante: studiare insieme, leggere dei libri e riscoprire il piacere di commentarli insieme, rispolverare i vecchi giochi da tavolo.

Imparare cose utili da fare a casa, fare tutto quello che a causa del poco tempo che il lavoro o altre attività che ci costringevano a stare via da casa a lungo abbiamo sempre rimandato. Possiamo inventare giochi nuovi con i nostri figli, o far giocare i nostri animali domestici un po’ di più.

La vita non si ferma solo perché dobbiamo passare più tempo a casa.

Con le moderne applicazioni possiamo fare anche attività fisica e qual si voglia sport adatto a noi e a ciò che abbiamo a casa.

Possiamo finalmente cucinare quel piatto complicato che ci piace così tanto e che mangiavamo solo a casa della nonna. Oppure iniziare a dipingere o disegnare e perché no anche scrivere un diario con i nostri pensieri o altro per allontanare l’ansia e la preoccupazione.

Possiamo prenderci cura di noi stessi, con scrub, maschere, creme e massaggi fai da te.

Possiamo finalmente chiamare o scrivere a quegli amici lontani e che vediamo una volta all’anno.

Insomma di cose da fare a casa se ne trovano veramente tante, basta sbizzarrire la propria fantasia ed attitudine.

Il mio pensiero ora va a tutti coloro che ogni giorno si impegnano seriamente, per sconfiggere il Coronavirus e che lottano in prima linea e ringrazio.

Grazie a tutti quelli che mandano avanti l’economia, nel rispetto delle norme di sicurezza, e che garantiscono l’approvvigionamento dei beni alimentari.

Infine grazie a chi responsabilmente resta a casa.

Vi lascio con una bellissima riflessione della Psicologa Francesca Morelli:

“Credo che il cosmo abbia il suo modo di riequilibrare le cose e le sue leggi, quando queste vengono stravolte.

Il momento che stiamo vivendo, pieno di anomalie e paradossi, fa pensare…

In una fase in cui il cambiamento climatico causato dai disastri ambientali è arrivato a livelli preoccupanti, la Cina in primis e tanti paesi a seguire, sono costretti al blocco; l’economia collassa, ma l’inquinamento scende in maniera considerevole. L’aria migliora; si usa la mascherina, ma si respira…

In un momento storico in cui certe ideologie e politiche discriminatorie, con forti richiami ad un passato meschino, si stanno riattivando in tutto il mondo, arriva un virus che ci fa sperimentare che, in un attimo, possiamo diventare i discriminati, i segregati, quelli bloccati alla frontiera, quelli che portano le malattie. Anche se non ne abbiamo colpa. Anche se siamo bianchi, occidentali e viaggiamo in business class.

In una società fondata sulla produttività e sul consumo, in cui tutti corriamo 14 ore al giorno dietro a non si sa bene cosa, senza sabati nè domeniche, senza più rossi del calendario, da un momento all’altro, arriva lo stop.

Fermi, a casa, giorni e giorni. A fare i conti con un tempo di cui abbiamo perso il valore, se non è misurabile in compenso, in denaro. Sappiamo ancora cosa farcene?

In una fase in cui la crescita dei propri figli è, per forza di cose, delegata spesso a figure ed istituzioni altre, il virus chiude le scuole e costringe a trovare soluzioni alternative, a rimettere insieme mamme e papà con i propri bimbi. Ci costringe a rifare famiglia.

In una dimensione in cui le relazioni, la comunicazione, la socialità sono giocate prevalentemente nel “non-spazio” del virtuale, del social network, dandoci l’illusione della vicinanza, il virus ci toglie quella vera di vicinanza, quella reale: che nessuno si tocchi, niente baci, niente abbracci, a distanza, nel freddo del non-contatto.

Quanto abbiamo dato per scontato questi gesti ed il loro significato?

In una fase sociale in cui pensare al proprio orto è diventata la regola, il virus ci manda un messaggio chiaro: l’unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunità, il sentire di essere parte di qualcosa di più grande di cui prendersi cura e che si può prendere cura di noi. La responsabilità condivisa, il sentire che dalle tue azioni dipendono le sorti non solo tue, ma di tutti quelli che ti circondano. E che tu dipendi da loro.

Allora, se smettiamo di fare la caccia alle streghe, di domandarci di chi è la colpa o perché è accaduto tutto questo, ma ci domandiamo cosa possiamo imparare da questo, credo che abbiamo tutti molto su cui riflettere ed impegnarci.

Perché col cosmo e le sue leggi, evidentemente, siamo in debito spinto. Ce lo sta spiegando il virus, a caro prezzo.”

#iorestoacasa

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

2020 La società ai tempi del coronavirus

Da più di un mese si sta affrontando, in più paesi, l’emergenza dovuta all’estrema rapidità con cui il COVID-19 (Coronavisrus) si sta diffondendo da individuo ad individuo.

Sono tanti i casi di contagio, molte purtroppo le persone con patologie pregresse che sono morte sfiancate dal Coronavirus.

Il sistema sanitario italiano, che sta affrontando in prima linea il contagio, sembra essere quasi giunto al collasso, come riportano le agenzie di stampa. Il governo attraverso i canali media, oltre a chiarire le basilari indicazioni da adottare in caso di raffreddore ed influenza, diffonde anche informazioni utili su come riconoscere i sintomi del Coronavirus e cosa fare se si pensa di essere stati contagiati.

Le scuole, le Università, i teatri ed alcuni luoghi ad alta affluenza di persone sono stati chiusi in tutta Italia, al nord dove è scoppiato il focolaio del Coronavirus già da fine febbraio, per ora fino al 15 Marzo. Ma la data potrebbe subire ulteriori cambiamenti.

Tante società hanno aperto l’iter per il telelavoro ai propri dipendenti, per poter contenere il contagio.

Più passano i giorni, più aumentano gli aggiornamenti sul virus, più si assiste a diversi modi di affrontare questo particolare periodo da parte delle persone. Sulla rete internet sono comparsi a valanga meme (vignette satiriche) e video ridicoli sull’argomento. Anche la Francia ha mandato in onda su Canal+ un video satirico sulla pizza al Coronavirus che ha fatto indignare tante persone, subito ritirato con tanto di scuse da parte dell’emittente all’Ambasciatore italiano a Parigi.

Purtroppo è anche aumentata la psicosi, le persone hanno fatto scorte di prodotti per l’igiene in modo più alto del dovuto e le mascherine per la protezione sono quasi del tutto esaurite. Non sono mancati anche gli sciacalli che si sono approfittati del momento di crisi ed hanno iniziato a rivendere questi prodotti al mercato nero o su internet a prezzi esagerati.

Supermercati presi d’assalto come per affrontare l’apocalisse, e come se non bastasse la psicosi si è manifestata prima con la paura nel recarsi nei ristoranti cinesi fino ad arrivare anche a sfogare la rabbia con violenza fisica nei confronti degli asiatici, come riportato dalla stampa.

La storia continua a ripetersi, la pura soprattutto in determinati contesti prende il sopravvento sulla ragione ed oggi appare amplificata dalla lente d’ingrandimento di internet e dalla rapida divulgazione effettuata dai mass media. Come molti hanno fatto notare, sembra quasi di rivivere il periodo del contagio della peste descritto dal Manzoni nei Promessi Sposi, le paure e gli errori di allora sono gli stessi di oggi.

Sembra una contraddizione in essere assistere ad un alto numero di contagi proprio in un epoca in cui l’informazione è a portata di tutti e quindi si dovrebbe prestare maggiore attenzione verso se stessi e verso il prossimo:

  • se si hanno sintomi influenzali rimanere a casa;
  • se invece si è raffreddati è buona prassi tossire e starnutire nei fazzoletti usa e getta o, in assenza, all’interno del gomito;
  • rimanere a dovuta distanza dagli altri per evitare di contagiarli,
  • lavarsi spesso le mani.Coronavirus come lavare le mani

Ma appare chiaro che l’amor proprio non sempre è al primo posto e così viene meno anche il rispetto verso il prossimo, verso coloro che sono immunodepressi per le ragioni più diverse, per gli anziani che già sono indeboliti da altre patologie ed bambini. Dovremmo pensare a loro in un momento come questo,  mostrando maggiore sensibilità e maturità ed evitare di diffondere il contagio.

Fin dove dobbiamo arrivare per renderci conto che dobbiamo sempre agire con coscienza ed usare la ragione?

Nel 1998 Dj Ax con gli Articolo 31 cantava una canzone dal titolo 2030 , in cui c’è un passaggio che ultimamente mi torna sempre alla memoria:

“Questo è l’anno 2030 qui chi pensa è in minoranza
Ma non ha importanza non serve più (uhu)
2030 l’indifferenza è una virtù
I cyber-nazi fanno uno show in TV
I liberatori picchiano barboni in nome di Gesù, (uhu)
L’inno nazionale suona tipo marcia funebre
Il sesso virtuale è più salubre in quanto che c’è
Un virus che si prende tramite il sudore
E in 90 ore si muore
L’HIV in confronto sembra un raffreddore
È un esperimento bellico sfuggito
E il risultato è che nessuno fa l’amore
E io sono fuorilegge in quanto di questo parlo
In quanto penso a quando questo
Potevamo anche fermarlo”

Ripensando a queste parole mi chiedo, stiamo aspettando che tutto questo diventi la realtà? Quando cambieremo rotta?

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Un anno di Culturaalvento

Un anno è appena trascorso.

Quando ho iniziato questa avventura, mi avete conosciuta attraverso le parole spese per descrivere: luoghi, eventi, libri e mostre.

Questi argomenti continueranno ad essere al centro del mio operato, con lo stesso impegno e passione con cui li ho affrontati finora.

Può darsi però che lungo il cammino possa sopraggiungere una piccola novità, un progetto che ho in mente e che potrebbe vedere la luce nei prossimi mesi.

Per ora grazie per la fedeltà e la fiducia.

E buon compleanno anche voi, che con il vostro tempo è il vostro passaparola contribuite a fare grande questo blog.

Grazie

Francesca Colica

Redattrice e proprietaria di Culturaalvento.com

Il potere Green. Una risorsa per il futuro

Il potere Green (verde in italiano) è da sempre stato un argomento popolare, ma purtroppo nessuno fin ora, almeno in Italia, ha mai affrontato la questione con determinazione cercando di scalfire i preconcetti della gente ed il solito “laissez faire”.

Sto parlando della necessità di salvaguardare l’ambiente che ci circonda, ovvero la natura.

La natura sin da quando l’uomo ha iniziato a muovere i primi passi sulla terra è stata fonte di nutrimento e di protezione. Purtroppo l’incremento del fabbisogno umano, l’industrializzazione non controllata e lo smoderato consumismo con conseguente rilascio di rifiuti inquinanti, ha sconvolto l’equilibrio naturale.

Chi di noi ricorda i disegni che comparivano sui sussidiari delle elementari, sicuramente avrà memoria della famosa catena alimentare, insomma sia che noi siamo onnivori, vegetariani, vegani, fruttariani, che ci si nutra di sola acqua o sola aria, non abbiamo scampo tutto viene inquinato.

Alcuni continuano ad affermare che l’inquinamento ha effetti a lungo termine sull’ambiente e sull’uomo, ma noi stiamo già pagando per gli errori del passato, per ignoranza e disinformazione (la mancanza di riscontri sugli scarti industriali e lo scorretto smaltimento dei rifiuti). L’ecosistema sta pagando gli effetti dell’uso della bomba atomica e dei tanti incidenti alle centrali nucleari (uno dei più gravi quello di Cernobyl il 26 aprile 1986).

Tutto questo ha portato ad un incremento delle malattie, sopratutto tumori.

Fortunatamente tante coscienze sono state toccate dalle azioni portate avanti dalla giovane svedese Greta Thunberg, che a soli 15 anni ha sostenuto con tenacia e carattere le proprie idee alla conferenza sui cambiamenti climatici COP24 organizzata dalle Nazioni Unite a Katowice in Polonia (15 Dicembre 2018). Questa ragazzina ha deciso che doveva fare qualche cosa di concreto ed in prima persona affinché la politica, del suo paese e mondiale, metta in atto delle azioni concrete ed urgenti a salvaguardia dell’ambiente, così dal 20 Agosto del 2019 ogni venerdì invece di andare a scuola manifesta davanti alla sede del Parlamento Svedese con lo striscione SKOLSTREJK for KLIMATET.

Grazie alla risonanza creata dai social media, questa ragazza è stata in grado di organizzare una manifestazione globale di sensibilizzazione ed attenzione ai cambiamenti climatici, il 15 Marzo 2019 tutti gli studenti sono scesi in piazza ed hanno manifestato al Global Strike for Future, chiedendo alla politica misure concrete contro i cambiamenti climatici.

Prima di Greta tanti si erano occupati di sensibilizzare l’opinione pubblica e di fare qualche cosa di incisivo per l’ambiente, come Greenpace, ma le sue imprese non hanno purtroppo avuto la stessa risonanza, venendo presto dimenticate.

Invece il problema riguarda tutti noi, come afferma Gianni Silvestrini, Direttore del Kyoto Club e Presidente Exalto, in una recente intervista su il-Cosmo.com, egli sostiene che la concretezza del rischio ambientale e i continui cambiamenti climatici, devono essere una forte spinta al cambiamento delle abitudini dell’uomo e del lavoro, per attuare un un cambio di rotta costante e consapevole.

A questa marcia per il verde si è unito anche Alessandro Gassmann, attore romano, che già dalla giunta Marino cerca di sensibilizzare i romani alla cura della propria città pubblicando twitter con l’hashtag #Romasonoio; oggi in collaborazione con la Stampa e Kyoto Club, ogni venerdì pubblica un articolo dove descrive la storia di quelli che ha definito Green Heroes, ovvero delle società o degli individui che si impegnano con successo in una economia ecosostenibile producendo futuro e ricchezza.

Il problema è concreto, c’è bisogno di lavorare sodo affinché il futuro invece di essere grigio diventi verde, come la speranza che illumina gli occhi di Greta.

 

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Liberi di scegliere. Un regalo di speranza per tutti.

Sullo sfondo ci sono i paesaggi della Calabria, l’Aspromonte, il lungomare di Reggio Calabria, il mare. Al centro una storia vera fatta di duro lavoro, ma guidata dalla tenacia e dalla speranza di cambiare una realtà le cui radici profonde sono difficili da sradicare.

In Liberi di scegliere, fiction andata in onda su Rai 1 il 22 gennaio scorso, i freddi numeri legati agli alti ascolti passano in secondo piano davanti alla potenza del messaggio veicolato.

Un messaggio forte e positivo volto a scardinare il concetto che se si nasce in un determinato contesto, in questo caso quello mafioso, si è destinati a riprodurre quello stesso stile di vita anche da adulti.

“Perché la mafia non si sceglie si eredita” (cit. fiction).

Ovviamente da soli si può fare poco, ma con l’aiuto di qualcuno, in questo caso lo stato, che ti supporta e sostiene nel tuo nuovo percorso si ha la possibilità di cambiare il proprio destino e lasciare così in eredità qualcosa di diverso, di positivo.

La storia prende spunto dall’esperienza di Roberto Di Bella, Presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, che ha avuto l’intuizione e il coraggio di portare avanti un progetto che ha consentito l’allontanamento dalle famiglie mafiose dei minori a rischio, in questo modo ha evitato loro di perseguire le orme dei padri, e nello stesso tempo ha offerto a questi ragazzi la possibilità di fare esperienza di un altro modo di vivere. 

Per quanto riguarda le mafie, ovviamente il percorso di sradicamento da questo stile di vita doloroso e limitante, come riportato nella fiction, va innescato durante la giovane età mostrando che esiste un’altro modo di vivere.

Lo stesso principio può essere applicato anche alla più vasta cultura meridionale fortemente legata ed incentrata sulla famiglia, non sempre in modo positivo.

Il messaggio lanciato da Liberi di scegliere, su più ampia scala, aiuta a comprendere che a prescindere dall’affetto che si prova per la propria famiglia di origine si deve avere la possibilità di scegliere il proprio destino, la famiglia non deve diventare un alibi o un freno verso la realizzazione delle proprie scelte di vita.

In alcuni casi bisogna avere la forza e determinazione di non farsi assorbire dalla famiglia pensando che se si persegue il proprio benessere si voglia meno bene ai propri familiari, in più bisogna anche essere strutturati per non cadere nella rete dei ricatti emotivi che spesso si creano all’interno di queste relazioni.

Come non elogiare infine la bravura degli attori che, con garbo ed al contempo un’energia fortissima, hanno saputo interpretare i loro personaggi senza cadere nel banale o in stereotipi.

Sono stati capaci di condurci nella vita di ogni personaggio, anche solo attraverso l’espressività dello sguardo, che parlava al posto dei protagonisti, capacità questa comune a quegli attori che hanno fatto gavetta nel teatro.

Soggetto e sceneggiatura:

Monica Zapelli, Sofia Bruschetta, Ivano Fachin, Giovanni Galassi e Tommaso Matano.

Cast:

Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Francesco Colella attore di origini Calabresi, Carmine Buschini, Federica Sabatini, Federica De Cola, Corrado Fortuna, Vincenzo Palazzo.

Foto di proprietà della testata Panorama

Per conoscere meglio la Calabria puoi leggere il mio articolo: Calabria l’ombelico del mondo.

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Pubblicità specchio di un’epoca

Come da una pubblicità si possa capire la società per cui è stata realizzata

In questi giorni passa in televisione lo spot della Golden Lady, luminoso, bello, dinamico, accattivante ed onirico.

La cosa non è passata inosservata, destando in me la curiosità di analizzarla.

Il core di questa campagna Golden Lady, #conlemiegambe, è quello positivo di sostenere le donne a puntare sui propri sogni e realizzarli anche se l’impresa risulta stancante e dura, ovvero tutta in salita.

La campagna del 2017 (clicca qui per vederla) raccoglieva esperienze diverse (una donna in carriera, una mamma e una ragazza alle prese con le scelte della propria età), un miscellaneo di ruoli possibili in cui una donna può ritrovarsi; invece, quella di questo anno  propone la vita di una modella.

Lo spot si apre con una ragazza che ogni giorno affronta un nuovo inizio di giornata. Se ci basiamo solo sul testo, ossia la voce narrante, abbiamo a che fare con una ragazza dalla forte volontà, decisa, che sa bene ciò che vuole e sa che se si impegna può fare qualunque cosa. Guardando le immagini del video, abbiamo davanti la vita di una modella, che passa da uno shooting fotografico ad uscite con gli amici, dalla palestra alle sfilate. Non proprio la vita di tutte le donne.

Questa scelta sembra alquanto insolita per definire la promessa di questa campagna: “con il mio prodotto puoi fare ciò che vuoi anche diventare una modella”, concetto non proprio scontato, visto che per diventare modella bisogna prima di tutto bisogna avere una certa tipologia di fisico e non basta indossare dei collant o dei leggins a marchio Golden Lady per diventarlo. Sul perché scegliere un prodotto a marchio Golden Lady, la campagna torna sul piano della realtà: “basta scegliere bene e puntare su chi ci sostiene”, in tal caso il prodotto dovrebbe garantire questo sostegno e la possibilità di fare tutto con le proprie gambe.

Tornando al core della campagna, realizzare i propri sogni, forse la scelta di questo tipo di professione appare più chiara se guardiamo meglio la società odierna, le giovanissime sono sempre più portate a vedere questa professione come una strada percorribile, inoltre si lega forse di più all’attuale mondo delle fashion blogger (vedi Chiara Ferragni che è diventata testimonial di diverse marche). Sicuramente vedendo la protagonista dello spot si nota che il pubblico di riferimento sono le ragazze in età di Università, giovani donne che non hanno superato i 30.

Insomma, questa appare una scelta sicura per l’azienda produttrice, ma è anche sintomo purtroppo che ancora oggi determinate carriere rimangono appannaggio maschile.

Guardando allo spot dello scorso anno (2017 ndr.), rimanendo nell’ambito dei sogni da realizzare, c’è da aspettarsi che nelle prossime campagne compaiano anche le altre tipologie di carriera affrontate. Si potrebbe anche ricorrere ad altri spunti: chi sogna di vincere l’oro olimpico in qualche disciplina sportiva; chi desidera scoprire la cura di qualche malattia; chi vorrebbe vincere il premio Pulitzer; chi diventare scrittrice di successo; chi riuscire a raggiungere i vertici aziendali. Piccole gocce d’acqua nel mare di esempi a cui si può fare riferimento se parliamo di sogni delle donne.

Ma se vogliamo rimanere con i piedi per terra, guardando alla situazione in Italia, forse le giovani donne di oggi sognano anche solo di riuscire ad ottenere un posto di lavoro che gli permetta di affrancarsi dalla propria famiglia, iniziando ad essere indipendenti e portare così il proprio contributo a chi per anni le ha sostenute.

Perché, parliamoci chiaro, oggi non c’è nulla di più onirico della sicurezza economica e copertura sanitaria.

Dietro spot di questo tipo c’è tanto lavoro da parte di psicologi ed analisti di mercato; oggi giorno per diventare aziende di successo e vendere i propri prodotti ci vuole molto impegno e studio, perché la popolazione dei consumatori è sempre più consapevole dei propri bisogni e non abbocca più alle esche pubblicitarie ad occhi chiusi (ovviamente parliamo di un pubblico adulti e non più facilmente influenzabile).

Tuttavia le pubblicità come questa cercano di captare questi bisogni, ad esempio “compro questo prodotto perché mi sento così, poco importa se la realtà è un’altra, l’importante è che ci credo io”, qui sta racchiusa la moderna società dell’io sempre più incentivata dall’industria del commercio e no.

Questo è solo uno dei motivi alla base delle politiche di mercato fatte in Italia, gli acquisti impulsivi diminuiscono, diminuendo così i guadagni, e di conseguenza le aziende hanno escogitato manovre interne che le proteggono durante le vendite, mentre il consumatore è sempre più esposto a rischi, sopratutto per quanto concerne gli acquisti online che sono in forte crescita.

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Costruire

Qualche giorno fa guardavo la prima puntata di una Pallottola nel cuore 3, con il maestro Gigi Proietti, in una sequenza della puntata Paola Minaccioni si sfogava con Francesca Inaudi sulla sua condizione: donna matura, fidanzata e in carriera ma ancora senza figli. Accennava al fatto che si sentisse vuota, come se non avesse costruito ancora nulla proprio perché non aveva figli.

A mio avviso, parlando in generale, già solo il fatto di avere una carriera avviata e soddisfacente dona ad una persona un buon bagaglio alle spalle, perché puntando su se stessi passo dopo passo si è costruito, una personalità, una carriera e di conseguenza relazioni sociali. Perché buttare via tutto questo? Non è ugualmente importante e faticoso per un individuo?

In quel contesto e in tanti altri, come mi è capitato di notare, il concetto del costruire nella donna viene sempre associato alla vita familiare, quando ormai ai giorni nostri, ben sappiamo che sono tanti e più disparati gli obiettivi costruttivi che una persona, donna o uomo che sia, si prefigge.

Parliamoci chiaro, non critico l’idea in se di voler costruire una famiglia, perché è un valore importante, ma il cercare di demonizzare sempre ciò che devia dal prevedibile avvicendarsi del nasco, cresco, studio, lavoro, mi sposo e faccio dei figli. Non sempre le cose seguono quest’ordine e non è giusto recriminare chi la vita ha riservato uno scenario diverso.

Se ti è piaciuto puoi fare una piccola donazione qui

Oui Magazine

DI JESSICA MARTINO E MARIANNA PIZZIPAOLO

◦ ღ ☼ Elena e Laura ☼ ღ ◦

Due sorelle e una stanza di libri

Nonapritequelforno

Se hai un problema, aggiungi cioccolato.

unThèconTe

Questo Blog è una dolce tisana calda al sapore di Libertà d'espressione!🍵 Assapora gli intensi aromi di sane informazioni; un mix di Cultura, Arte, Cucina, Attualità, Fitness, Ecologia, Viaggi e tanti altri contenuti...Il thè è pronto, ti aspetto!

Il tempo impresso

Il cinema è un mosaico fatto di tempo

Le Trame del destino: Libri e dintorni

“Non ci sono amicizie più rapide di quelle tra persone che amano gli stessi libri” (Irving Stone)

Cialtrone

Laureato in scienze della cialtroneria con master in sorrisi-sparsi.